Alzi la mano chi spesso esce di casa senza fare colazione.
Ecco, avete
tutta la mia comprensione.
Spesso capita anche a me: ci si sveglia
all'ultimo, si esce di corsa, e la colazione è l'ultimo dei nostri
pensieri.
Ci si infila in un bar, si ordina un cappuccio e una brioche, si ingurgita il tutto e poi si prosegue con la propria giornata.
Peccato
che poi arriviamo all'ora di pranzo famelici, ci sbraniamo una porzione di lasagne al doppio ragù,
alle 14 ci si schianta di sonno sulla tastiera, al pomeriggio non si ha fame
perchè stiamo ancora processando la mattonella e, come da copione, la
sera oltre alla bistecca ai ferri e insalata
#PERCHEDEVODIMAGRIRE, ci mangiamo due francesini e un etto di cotto.
Per non parlare della voglia di dolce che arriva verso le 22 e che cerchiamo di combattere fino alla una di notte.
Poi ci chiediamo perchè alla mattina fatichiamo ad alzarci, facciamo tardi e non riusciamo a fare colazione...
Se mi seguirete, nelle prossime settimane, vi darò la ricetta della colazione che, personalmente, ritengo perfetta per cominciare queste ultime fredde mattine invernali. Mi sazia e mi mantiene attiva tutta la mattina, così a pranzo riesco a scegliere cosa mangiare invece di lasciarmi guidare dalla fame atavica, e di conseguenza ne guadagna tutto il resto della mia giornata.
Inoltre, diciamoci la verità, non in tutti i bar fanno un cappuccio degno di essere bevuto come prima cosa la mattina (sapore di caffè bruciato, anyone?), per non parlare delle brioches: a volte mezze crude, a volte stantìe, spesso zeppe di grassi idrogenati che fanno male alla salute.
Non proprio il massimo.
Ma veniamo alla prima delle tre ricette, la più semplice e quella che richiede meno impegno di tutte: la pera cotta.
Ebbene, se la vostra espressione da interessata si è fatta simile a quella della Cameriera Secca dei Signori Montagnè, aspettate di sentire il profumo che si sprigionerà nella vostra cucina quando le sfornete: torta al caramello e arancia.
Per 2 mattine:
1 pera (a vostra discrezione)
2 cucchiai di zucchero di canna Muscovado
una manciata di noci (o altra frutta secca a scelta)
1 cucchiaio di olio di cocco extravergine
1/4 di cucchiaio di semi di vaniglia (o 1/2 di estratto )
la scorza di circa mezza arancia
un paio di cucchiai di succo di mela (o acqua)
Per la scelta del frutto: se la frutta cotta non vi piace (io un tentativo con questa versione la farei, ma non vi posso certo obbligare), saltate questo post e usate la frutta fresca (ancora più easy), ma se è la consistenza che vi turba, provate con delle pere leggermente acerbe o magari con delle mele come le Fuji o le Gala.
A voi la scelta.
Il procedimento è molto semplice: scaldate il forno a 180°, nel frattempo mescolate lo zucchero, la vaniglia o l'estratto, la scorza d'arancia, le noci tritate e l'olio di cocco sciolto.
Dovreste ottenere un composto simile alla sabbia bagnata. Tagliate a metà la pera e, con un coltellino o un cucchiaino, eliminate semi e nervature creando contemporaneamente un incavo.
Disponete le pere in un contenitore adatto alla cottura al forno,
meglio ancora se con un coperchio: a me piace utilizzare la mia fidata
pentolina in coccio, ma in alternativa basterà coprire il tutto con un
foglio di alluminio prima di infornare, l'importante è che il contenitore non sia troppo grande, altrimenti rischierete di bruciare il fondo di cottura. Dividete il
composto di zucchero nell' incavo di ogni metà pera (se ve ne cade un
pò sul fondo non temete: contribuirà a creare un delizioso sughetto),
versate il succo di mela o l'acqua nella teglia, evitando di bagnare i
frutti, e infornate coperto per almeno un'ora. Trascorso questo tempo, scoprite le pere
e accendete il grill per qualche minuto: in questo modo si caramellerà
leggermente lo zucchero, guadagnandone in consistenza e sapore. Sfornate e lasciate raffreddare.
Il mio consiglio è di prepararle la sera, magari sfruttando il forno già caldo durante la preparazione della cena, e lasciarle a temperatura ambiente fino alla mattina dopo. Durante la notte, molto probabilmente l'olio di cocco si rapprenderà, tornando biancastro: non temete, basterà riscaldare la frutta per qualche minuto.
Per questo le cuocio in un pentolino: in questo modo mi è molto facile riscaldarle in pochi minuti a fuoco basso.
Ma se alla mattina anche solo accendere un fornello vi risulta straziante, omettete l'olio di cocco nella ricetta sostituendolo con 1/2 cucchiaio di acqua o succo di mela: cambierà sapore e consistenza del sughetto, ma non ci sarà bisogno di riscaldarlo e allegerirete ulteriormente la ricetta.
Invece, se sono gli zuccheri i vostri nemici giurati, tanto che piuttosto della brioche con cappuccio, al mattino mangiate al massimo una banana (attirando sguardi maliziosi sul bus), sostituite lo zucchero con 5 datteri medjool (o normali ma fatti rinvenire in poca acqua bollente) e frullateli con il resto degli ingredienti.
Sugar free e altrettanto delizioso.
Nelle mattine più frenetiche le mangio anche da sole con poco yogurt greco del super e mi pare quasi un peccato di gola; proprio l'altra mattina pensavo: con poco gelato e con questo sughetto non sfigurerebbero neanche come dessert alla fine di una cena molto chic...
Ma era solo un pensiero.
Insomma, di alternative ve ne ho date, a questo punto, siete a solo un paio di passi dalla Vostra colazione perfetta.
Ormai l'avrete capito che l'autunno è la mia stagione preferita.
Penso di avervelo detto tipo...ottocento volte?
Mi sentivo tanto originale finché theinternet non mi ha aperto gli occhi e ho scoperto la fissazione delle american girls per le sciarpe, le foglie colorate e i lattes alla zucca, spezie e compagnia bella.
Un piccolo momento di satori alla fight club.
Pur non essendo originale però, continuo a nutrire un amore profondo per i primi freddi, e non solo perché ci liberano dalle odiate zanzare, tingono viali e parchi di colori meravigliosi e mi permettono -finalmente- di tornare a vestirmi come un essere umano, ma soprattutto per le cosine buone che si ricominciano a trovare sui banchi del mercato e che si possono di nuovo portare in tavola.
Che novità, vero?
Insomma, alla fine lo sapete che è sempre in cucina che voglio portarvi.
Altrimenti questo blog si chiamerebbe Celeste Campeggia, o Gioca a Rubamazzo o Pettina le Bambole.
Quindi rassegnatevi.
L'ospite di questa puntata è un altro dei miei must di inizio autunno...anche se ormai siamo veramente agli sgoccioli della sua stagione: il fico.
Quest'anno ne ho trovati di deliziosi, tanto che quasi mi dispiaceva usarli in una ricetta...ma non potevo certo mangiarmeli tutti in una volta!
Cuocendoli si allunga la vita di questi frutti tanto delicati che così possono restare in frigorifero qualche giorno in più senza rovinarsi, pronti per la nostra colazione o da servire con dei formaggi o addirittura per guarnire un'insalata autunnale robusta.
La ricetta che mi premeva di più raccontarvi però, è il porridge di avena sui quali sono mollemente adagiati in queste foto e che mi accompagna nelle prime fredde, e spesso uggiose, mattinate.
Non fate quella faccia, perché è la stessa che facevo io prima di assaggiarne una cucchiaiata calda una mattina d'inverno.
Scalda fin nelle ossa e sazia in modo sublime.
Questa versione che ho scovato, poi, è fantastica se la mattina non avete molto tempo a disposizione ma proprio non siete in grado di mettere il naso fuori casa senza aver mangiato.
Nel
mio caso si tratta anche di un servizio che faccio a salvaguardia
dell'umanità: prima di colazione io non parlo, non faccio, non esisto. Povero il disgraziato che cerca di interagire e che si assicura orribili appellativi che nemmeno un camallo deriso dalla vita potrebbe sognarsi.
-Altro tròpos che incarno senza tanta originalità e che invece credevo mi rendesse unica e speciale:
#WRONG.-
Se anche voi avete lo stesso problema, questa ricettina viene in vostro soccorso: buttate tutto in un vasetto la sera prima, chiudete, ficcate in frigorifero e dimenticatevelo fino alla mattina dopo, quando, trascinando le ciabattone e sbadigliando con alito mefitico, vi dirigerete verso la cucina e, con somma gioia, troverete il vostro porridge bello pronto ad attendervi.
Dovrete solo scaldarlo e mangiarlo con quello che volete.
Ma veniamo a questa benedetta ricetta, che una ricetta alla fine non è:
una tazza (da caffè, da cappuccino, da the...decidete voi la quantità) di fiocchi di avena
la stessa identica quantità (usate lo stesso contenitore per la misurazione) di latte vegetale o vaccino
uno o due (o più a vostro gusto!) cucchiaini di sciroppo d'agave (o d'acero, o miele, o zucchero...)
1/2 cucchiaino di spezie a scelta o semplicemente vaniglia e/o scorza di agrumi
frutta disidratata a piacere come uvetta, cranberries, albicocche ecc. (facoltativo)
un pizzico di sale
un vasetto con il tappo in grado di contenere tutti gli ingredienti
Mettete l'avena, le spezie -se vi interessa ho optato per un mix di
spezie che si chiama 'pain d'epice' (pan di spezie) dal sentore
vagamente natalizio: mi porto avanti-, il sale e la frutta disidrata se
utilizzata.
Versatevi sopra il latte, chiudete il barattolo e agitate un po' per mescolare tutti gli ingredienti.
Mettete in frigo e andate a dormire.
La
mattina dopo riprendete il vostro barattolo e decidete cosa fare:
questo porridge si può mangiare anche così, freddo, e quest'estate
spesso mi è capitato di farlo, è ottimo da solo o con della frutta
fresca, yogurt e magari un filo di miele.
Ma se fossi in voi
farei un passettino in più e gli darei una scaldata veloce, aggiungendo
un altro po' di latte se vi sembra troppo compatto.
Servite con dello yogurt, della frutta cotta (o della marmellata, o frutta fresca, e/o nutella, e/o burro di semi) e una manciata di pistacchi (o altra frutta secca) tritati grossolanamente.
Se trovate ancora dei fichi in giro, vi spiego come farli e usarli in questa ricetta.
In alternativa potete usare qualsiasi altra frutta, ma se scegliete delle mele o delle pere poco mature aumentate i tempi di cottura:
fichi
more (o altri frutti di bosco a vostra scelta)
miele (acacia, millefiori o di arance)
-non metto pesi o quantità, andate a vostra discrezione: spesso uso
questa 'tecnica' anche per recuperare della frutta ormai più di qua che
di là e se la cosa capita anche a voi sapete bene che è una situazione
alla 'si salvi chi può' dove non ci sono regole precise.-
Lavate i fichi e tagliateli a metà, lavate anche le more e tagliate le
più grosse a metà: aiuteranno a produrre un delizioso sughetto rosa.
Sparpagliate le more sul fondo di una pirofila e sopra disponetevi i fichi con il lato tagliato rivolto verso l'alto.
Irrorate abbondantemente di miele e cuocete in forno caldo a 200° per almeno 15 minuti.
*piccolo
bonus: se invece che una colazione volete farne l'accompagnamento ad un tagliere di formaggi o il
condimento tiepido di una sostanziosa insalata autunnale, aggiungete
anche uno o due cucchiai (ma regolatevi in base alle vostre quantità) di
aceto balsamico e, se vi gira, anche qualche fettina di cipolla rossa.*
Se
non la utilizzate subito, trasferite la frutta cotta in un contenitore
ermetico e conservatela in frigo per colazioni o altri pasti della
settimana.
Tutto qui.
Semplice, anche se come al mio solito verboso, leggermente
prolisso e con una punta di quella che può sembrare saccenteria, che in realtà è solo
voglia di farvi capire come faccio quella cosa lì per davvero, o di darvi
un consiglio che mi sarebbe piaciuto ricevere prima di fare un passaggio
inutile...o un disastro vero.
Anche questo è un tratto del mio carattere...forse un pochino meno comune.
Se proprio non tollerate il porridge potete sempre ripiegare su una croccantegranolae un po' diyogurt! Qui la mia versione con nocciole, pecan, olio di oliva e fave di cacao...yum.
Sappiate che mi sto trattenendo con le ricette a base di fragole, perché essendo stagione rasento la mania compulsiva: ne compro più di quanto ne riesca effettivamente a mangiare e anche se ne ho comprato un cestino -magari il giorno prima- e le vedo belle, rosse e profumate, non resisto e ne compro altre.
Con l'ovvio problema che, inevitabilmente, le più mature iniziano a deperire tristemente nel mio frigo.
Sono sicura che sapete cosa intendo: cominciano a perdere di freschezza, togliendoci un po' la voglia di mangiarle nude e crude.
Ovviamente non dovete aspettare che le vostre fragole abbiano il musino triste per realizzare questa ricetta, ma di solito è così che capita nella mia cucina...semplicemente perché quando sono pingui e succose finiscono direttamente tra le mie fauci.
E poi ormai lo sapete che la mia e spesso una cucina del recupero, anche se mi piace sempre sperimentare e tentare cose nuove: ecco il perché della chia.
Lo spunto per utilizzare questo curioso semino, lo devo ad un'amica in dolce attesa che mi ha confessato di avere qualche problemino di motilità intestinale (probabilmente mi ucciderà quando leggerà queste parole! XD).
Le ho consigliato subito la chia, perché su di me ha esercitato un effetto prorompente (e vi assicuro che non ne ho alcun bisogno!), quindi ho immaginato che a lei potesse dare il giusto risultato.
Ma, diciamolo, se mai l'avete provata in un chia pudding tanto in voga, l'effetto non è dei più entusiasmanti: i semini reidratati paiono un po' uova di rana.
E anche lei lamentava una certa diffidenza in tal senso.
Così ho pensato di utilizzarla -in minor quantità- per questa composta di frutta: la consistenza morbida delle fragole e i sui semini, mascherano la presenza della chia, che però esercita il suo potere addensante regalandoci oltretutto le sue proprietà.
Chissà se la mia amica apprezzerà...!?
Per un vasetto di composta:
250-300gr di fragole
2-3 cucchiai abbondanti di miele millefiori o arancia
2-3 cucchiaini di semi di chia (facoltativo)
1/2 stecca di vaniglia (anche recuperata da altre preparazioni oppure un cucchiaino di estratto)
qualche goccia di succo di limone
La preparazione è veramente semplicissima: tagliate le fragole a tocchetti e irroratele con qualche goccia di succo di limone.
Nel frattempo fate caramellare il miele in una padella, insieme alla vaniglia.
Deve fare delle grandi bolle e iniziare a scurirsi leggermente, assumendo una sfumatura ramata.
Buttateci le fragole -facendo attenzione a non scottarvi con il miele bollente- e lasciate cuocere qualche minuto.
Io dopo 5-8 minuti massimo, spengo: in questo modo le fragole conservano la loro forma e restano piacevoli da mangiare, ma se le preferite più cotte e "cremose", proseguite la cottura fino ad ottenere la consistenza che desiderate.
A fine cottura, se lo desiderate, aggiungete la chia: questo semino (la cui pianta appartiene alla famiglia della salvia e della menta) ha millemila proprietà nutritive ma, come già accennato, la cosa interessante dell'aggiungerlo ad una composta con poco dolcificante e senza aggiunta di pectina, è che reidratandosi nei succhi rilasciati dalla frutta, la addensa, creando un ulteriore gioco di consistenze che in questo contesto trovo davvero interessante.
Se se la chia non è proprio nelle vostre corde, non volete acquistarla, o per qualsiasi altra ragione non vogliate arrischiarvi ad usare questo semino, potete addensare la composta sciogliendo un cucchiaino di amido di mais in due cucchiaini di acqua e versarlo nella padella ad un paio di minuti dal termine.
Comunque decidiate di preparare questa composta, provatela: salverete delle fragole dall'oblio e avrete tra le mani qualcosa di delizioso che vi terrà compagnia a colazione, a merenda o per uno spuntino qualsiasi.
Io la utilizzo tanto a colazione, così posso evitare di trafficare con il coltello di prima mattina, soprattutto quando ho fretta: yogurt, granola e un cucchiaio scarso di questa meraviglia e la colazione è servita.
Ma chi sono io per impedirvi di usarla come vi pare...?
(Una che ha un blog e non può fare a meno di darvi un consiglio: nel prossimo post vi darò un'idea carina! #restateconnessi!)
Ero indecisa se catalogare questo post -che per lunghezza si può paragonare solo allo Zanichelli- tra quelli di “Cosa mangia una food blogger -quando non guardate-” o sotto la categoria “La mia colazione perfetta”.
Facciamo entrambe?
O magari nessuna...
Anche perché ormai non posso proprio più dire che “non guardate”, dato che lo esibisco quasi quotidianamente.
E di “perfetto" nella vita, fidatevi, non c'è proprio nulla.
Ma ci provo, dato che, al di là delle frasi fatte, la colazione per me è davvero il pasto più importante della giornata.
Non so voi, ma se io non mangio bene a colazione, tutta la giornata va a rilento.
Quindi eccolo qui il motivo di questo post: darvi diverse opzioni pratiche, economiche, veloci e quanto più possibile sane -anche se detesto questa parola in relazione al cibo- per approntare il primo pasto della giornata e cominciare con grinta.
O, se non altro, con la pancia piena e di umore positivo.
Budino di riso integrale con crema di pistacchi, fichi, polline, caramello di datteri e fiore di Fuchsia (edibile)
*Budino di riso “perduto”:
Questa ricetta si collega direttamente al post “cosa mangia una food blogger #2”, perché per realizzarla ho utilizzato un avanzo di riso integrale (ma dovete provarlo anche con il riso Venere o quello Rosso: il loro sapore “cerealoso” si sposa a meraviglia con questa preparazione!) già cotto che avevo in frigo per i pranzi della settimana.
Mi ero un po' stufata di quel tipo di riso e avevo voglia di soba per pranzo, fatto sta che quest'ultima porzione si è trascinata nel mio frigo un paio di giorni in più del dovuto.
Così, una delle mattine meno afose, dopo un acquazzone notturno che aveva rinfrescato l'aria, ho pensato di farne un budino di riso veloce.
Adoro il budino di riso...così cremoso e confortante.
E saziante!
Se vi svegliate con una fame da lupi, o la sera prima avete filtrato qualche bicchiere di troppo (...mai capitato....), questa è la colazione che fa per voi.
-un paio di cucchiai abbondanti di riso integrale (o Venere, o Rosso) già cotto
-latte q.b. (di qualsiasi tipo vogliate: a me tocca usare quello di soia)
-un cucchiaino di miele (o altro dolcificante a vostro gusto)
-vaniglia o altra spezia
-frutta fresca, burro di semi e altri “contorni” a vostro piacere per terminare il piatto
Nel bicchiere non c'è acqua sporca, ma acqua di cocco: provate quella che trovate al super vicino alle spremute d'arancia nel banco frigo. Reidrata ed è come un gatorade naturale, ma senza zucchero e coloranti. E in più sa di biscotti al cocco!
Mettete il riso in un pentolino con la vaniglia (o altro) e latte a sufficienza per coprirlo.
Cuocete a fuoco medio-basso finché il riso non avrà assorbito il liquido.
A questo punto controllate la consistenza: a me piace bello cremoso, quindi tendo ad aggiungere altro latte per farlo all'onda come un risotto, ma decidete voi.
Spegnete e aggiungete il miele, o il vostro dolcificante preferito, e trasferite nella ciotola che avrete deciso di usare quella mattina.
A questo punto scegliete il vostro topping, che per me solitamente è frutta fresca, burro di semi e, una recente scoperta, caramello di datteri, del quale parleremo tra poco.
Ma non ci sono limiti alle possibilità. Potete anche aggiungere semplicemente una cucchiaiata della vostra marmellata preferita, dell'uvetta dorata e un filo di miele, o un paio di quadretti di cioccolato tritato che si scioglieranno in modo voluttuoso nella calda cremosità del riso...
Via libera alla fantasia insomma.
*Green Smoothie:
Uno dei miei preferiti. La ricetta di questo balsamo verde l'ho scoperta per caso quando per qualche tempo mi ero messa d'impegno a fare un po' di yoga in casa (dove sono finite queste buone abitudini!? ) e seguivo i video di questa tipa che a volte dava anche ricette di cucina.
La maggior parte delle quali avevano come ingrediente principale gli spinaci (e veramente poco altro).
Non esattamente entusiasmanti per una che anche quando sta a dieta non riesce a mangiare la stessa cosa due vostre di seguito...
Ma questo frullatone verde che lei, elfa eterea di un metro e ottanta per quarantacinque chili scarsi, si sgargarozzava con sommo piacere, mi aveva incuriosita.
Chissà mai che non mi faccia assomigliare, se non ad un'elfa eterea, per lo meno ad un folletto silvano, mi son detta...
Così ho provato. E non l'ho più lasciato.
Per quanto riguarda l'assomigliare ad un folletto...magari troverò un'altra ricetta.
-½ banana matura a tocchetti (anche congelata)
-una manciata abbondante di spinaci baby freschi
-un cucchiaino abbondante di burro di arachidi (home made o bio: non comprate schifezze idrogenate plz)
-latte (di soia, o il vostro preferito) q.b.
-3 cubetti di ghiaccio (se la banana è fresca)
Smoothie bowl (ciotola di frullato alla banana e cacao) con granola alla curcuma, composta di more al miele, polline, petali e pistilli di fuchsia
Mettete tutto nel bicchiere del frullatore, con latte a sufficienza per cominciare a frullare.
Frullate finché il mix non comincia a risultare omogeneo.
Quindi controllate la consistenza: se volete usarlo come base per una smoothie bowlcon della granola, mantenetelo più compatto (potete anche usare una banana intera), se invece volete berlo come un normale frullato, aggiungete altro latte con il motore in funzione fino a raggiungere la consistenza desiderata.
Servite come preferite, e sono sicura che vi stupirà: non sentirete la banana, nè gli spinaci, nè il burro di arachidi. È stranissimo, ma questi tre elementi insieme vanno a creare un sapore che è quasi vanigliato, ma più fresco ed erbaceo.
Provatelo, poi mi direte.
Mentre il frullatore lavora per me, di solito mi preparo una galletta o uno di quei cracker super integrali con i semi (adoVo!) con un burro di semi -ultimamente sono in fissa con quello di pistacchi- e della composta di frutta e miele, se mi è avanzata, o marmellata o caramello di datteri.
Ma a volte, quando mi sento particolarmente virtuosa -o accaldata- abbino questo frullato anche solo ad un paio di fichi o a mezza pesca, o qualsiasi altra frutta che ho sotto mano al momento.
E mi sono assicurata il pancino pieno fino a pranzo.
*Composta di frutta al miele (e altri trucchetti per mangiare più frutta):
Mangio veramente poca frutta, e mi rendo conto che è un peccato, data la varietà di cui disponiamo in Italia e ai benefici che potrei trarne, ma sto cercando di rimediare.
Non sono una persona particolarmente golosa, ma sono quella che si può definire una picky eater, una un po' spitinfia insomma, e cercando di convincere la bambina capricciosa che c'è in me a mangiare più frutta sono arrivata a sviluppare -più che delle vere ricette- un paio di metodi che mi assicurano di invogliarmi a farlo.
La più versatile è questa composta di mirtilli al miele.
L'ho ideata una mattina che volevo prepararmi una ciotola di frullato con granola e mirtilli, ma i mirtilli che avevo comprato al farmers market erano un pochino acerbi e aspri: il fruttivendolo mi aveva avvertita di lasciarli maturare un paio di giorni fuori dal frigo, ma capita che nella mia testa si rincorrano delle cavie peruviane e qualche informazione a volte mi sfugge...
Così ho pensato di cuocerli brevemente in un pentolino - i mirtilli, non le cavie peruviane- con un po' di miele di acacia, e bam.
Composta istantanea.
Deliziosa praticamente su tutto: provatela calda su una pesca fredda di frigo tagliata a spicchi. Spettacolare. E se non fosse disdicevole vi suggerirei di farci scivolare sopra una pallina di gelato...
Potete decidere voi quanto miele aggiungere -il mio standard è un cucchiaino per una manciata di mirtilli- e che consistenza dargli: più la cuocete più i frutti si spappoleranno e il risultato finale risulterà compatto e “marmellatoso”.
Si può fare con tutti i frutti rossi o la frutta a nocciolo di questa stagione alla quale, se molto matura e dolce, dovrete aggiungere del succo di limone che aiuterà il sapore e la consistenza finale.
L'altro trucchetto che volevo condividere è stata una scoperta casuale, fatta per far fuori dei frutti delle passione che mi erano rimasti in giro dopo una commissione: un paio di fichi a tocchetti, irrorati con uno sciroppo realizzato mescolando il succo di due frutti della passione -ottenuto passando a setaccio i semi che si trovano all'interno- con un cucchiaino scarso di miele.
Da. Urlo.
Provatelo. Non so cosa metta in sinergia questi due elementi, ma le mie papille hanno cantato lo yodel per tutto il tempo la prima volta che ho assaggiato questo abbinamento.
L'importante è che i fichi siano belli maturi e dolci e che i frutti della passione siano raggrinziti al punto giusto: solitamente quando si acquistano sono lisci e violetti, ma sono maturi quando cominciano a raggrinzire e a diventare piuttosto scuri.
Allora sarete sicuri che i succhi interni che avvolgono i semi sono dolci -seppur sempre aciduli- e non più allappanti e aspri.
Fatemi sapere se provate questo strano abbinamento, sono curiosa di sapere cosa ne pensate.
*Pancakes al grano saraceno:
La ricetta più laboriosa di tutto il cucuzzaro proposto finora.
Ma ci sono qui io a semplificarvi la vita: vi ho preparato le dosi per realizzare un mix da tenere in un bel vasone, pronto per assecondare in pochi minuti la vostra voglia impellente di pancakes!
Avevo in casa mezzo sacchetto di farina di grano saraceno che avevo utilizzato per una torta ed era lì che mi guardava con tristezza dallo scaffale, tragicamente conscio della fine che gli sarebbe toccata se non mi fosse venuta questa idea.
In realtà inizialmente ne avevo ideato una versione solo con grano saraceno (gluten free), perchè volevo abbinarla ad una salsa dove il protagonista sarebbe stato un avanzo -la mia cucina quotidiana si basa quasi del tutto sul principio del riciclo...- di burro di nocciole: grano saraceno e nocciole sembrano fatti l'uno per l'altro.
Peccato che il grano saraceno da solo, non avendo glutine ed essendo una farina rustica e ricca di fibre, avesse reso questo mio primo tentativo parecchio asciutto e stoppaccioso.
Ma sbagliando si impara.
Quindi pensandoci un po' su e leggiucchiando un po' in giro, sono riuscita a tirare insieme questa ricetta che ora mi accompagna felicemente in quelle mattine che necessitano di qualche amorevole attenzione in più -tipo il lunedì-, ma anche nei week end, quando magari non ho troppa voglia di trafficare in cucina se mi sono alzata tardi, ma non voglio rinunciare alla coccola indulgente che il fine settimana richiede.
Ma veniamo a noi:
-280gr circa di farina integrale (o una farina gf per panificazione se volete mantenere il mix completamente senza glutine)
-320gr di farina di grano saraceno (potete usare altre farine rustiche come farro, segale o avena)
-65 grammi di zucchero di cocco (ora si trova facilmente al super, ma va benissimo dello zucchero di canna grezzo, o quello che preferite)
-1 cucchiaio (circa ½ bustina) di lievito per dolci (gf se volete seguire quest'onda)
-1 cucchiaino scarso di bicarbonato
-½ cucchiaino di sale
-un cucchiaino di vaniglia in polvere (o altre spezie: se volete aggiungere scorze d'agrumi o simili, fatelo al momento della preparazione, non nel mix da conservare)
Il mio consiglio è di setacciare tutto in una grande ciotola, in modo da distribuire bene le polveri lievitanti, evitando così di ritrovarvi con qualche grumetto di bicarbonato in bocca, e di trasferire tutto in un grosso vaso con la bocca larga (così ci potrete infilare tazza e mano per recuperare velocemente la quantità di mix che vi serve) che agiterete come forsennati in modo da miscelare bene tutte le polveri.
E lui sta lì, beato, anche per diversi mesi -ma tenete d'occhio le scadenze delle farine-, sempre pronto a darvi conforto.
Per realizzare una decina di pancakes medi (o 6-7 grandi: non temete gli avanzi, celebrateli. Per riscaldarli usate una vaporiera, anche di quelle cinesi di bambù. Ci metterete 5 minuti e torneranno soffici come appena fatti!), prelevate una tazza (media: non una mug, non da caffè) di preparato, unitevi la stessa quantità di latte -veg o meno- e un uovo.
Mescolate bene con una frusta: dovrete ottenere una consistenza simile allo yogurt.
Nella ciotolina a foglia c'è un mix croccante composto da avanzi di diverse lavorazioni: scagliette di cioccolato, pezzetti di noci pecan, polvere di pistacchi e del cocco essiccato e tostato. Personalizzate il vostro mix con quel che avete in casa!
A questo punto ungete leggermente una padella antiaderente con olio di cocco, olio vegetale o anche burro se preferite, e scaldatela a fiamma media.
Una volta calda, distribuite piccole mestolate di impasto per formare i pancakes.
Quando i bordi diventano opachi e le bollicine che si formano sulla superficie iniziano a scoppiare, è il momento di girarli. Un paio di minuti di cottura anche da questo lato e sono pronti per finire nel piatto, irrorati di composta di mirtilli al miele -per un effetto altoatesino immediato- oppure con questa decadente ma -illudetevi pure- sana salsa al cioccolato.
*Salsa al cioccolato: (per Pancake al grano saraceno o tutto lo scibile umano, persone comprese...):
-2 cucchiai di burro di cocco ben mescolato (nel paragrafo successivo vi spiego cos'è)
-1 cucchiaio di burro di nocciole (o altri semi)
-2 cucchiaini di zucchero di cocco (o altro dolcificante, ma eviterei il miele e gli sciroppi)
-1 cucchiaino (o più a vostro gusto) di cacao amaro
-2-3 quadretti di cioccolato fondente 65% minimo (tritato)
-un pizzico di sale
Mettete
tutti gli ingredienti, tranne il cioccolato, in un pentolino dal fondo
spesso e scaldate il tempo necessario ad amalgamare gli ingredienti e
rendere bello fluido il burro di cocco.
Togliete dal fuoco e aggiungete il cioccolato tritato ed il sale.
Mescolate bene e servite con quel che preferite.
*Burro di cocco:
Da non confondere con l'olio di cocco, è la versione "coccosa" -l'inferno degli stupratori della lingua italiana mi attende- dei burri di semi oleosi. Acquistato per curiosità ma indecisa su come utilizzarlo, stazionava nella mia dispensa senza un vero scopo, se non quello di accusarmi silenziosamente di negligenza ogni volta che aprivo l'antina.
Aggiungere un po' di frutta è sempre un'ottima idea...
Ma in mio aiuto è arrivata, come spesso capita,
la mia cara Nigella, che in uno dei suoi ultimi libri, dove -incredibile- strizza
l'occhio alla cucina vegana, lo usa come base per una
glassa al cioccolato da strappamento di capelli.
Ed è qui che è nata la mia salsa al cioccolato.
Prego, non c'è di che.
*Burro di semi:Ve ne ho già ampiamente parlato in questo post, ma come vedete sono davvero un tassello essenziale per le mie
colazioni e, ad essere onesta, un po' di tutta la mia cucina.
La nuova
passione è quello di pistacchi, che ho provato anche a fare in casa, ma
che -una volta tanto- vi consiglio di acquistare -scegliete prodotti e produttori
italiani-.
Un avsetta da 180gr costa circa 6€ e in questo caso conviene più che comprare
la materia prima e farlo in casa: due confezioni da 100gr di pistacchi sgusciati costano
circa 4€ l'una. Se volete potete imbarcarvi nell'opera di comprarli
interi e sgusciarli voi, così quel -POCO- che risparmierete lo spenderete in
tempo e manicure.
A voi la scelta.
*Caramello di datteri:
Avevo in casa 7 datteri Medjoul che avevo
comprato sotto Natale, spinta dallo spirito del momento, e prontamente dimenticati in
un recesso del frigo da allora.
In uno dei raptus di riordino che
spesso mi prendono li ho recuperati e, sebbene fossero ancora in ottimo
stato, era chiaro che avessero visto giorni migliori...e che non c'era
nessuna possibilità che mi sarebbe venuta voglia di mangiarmeli così com'erano.
Quindi ho
pensato di farne un caramello, cosa che avevo intravisto su un blog veg -Minimalist Baker-, dove veniva utilizzato come base per un
gelato al cioccolato -YUM-.
Dall'alto: burro di anacardi home made, crema di pistacchi , caramello di datteri, polline, crema di cocco. (Il burro di anacardi appare più compatto perchè refrigerato)
La mia versione, riveduta e corretta per le mie necessità:
-6-7 datteri Medjoul (o un paio in più se usate quelli più comuni)
-250 ml di acqua + 125ml
-1/2 bacca di vaniglia usata in preparazioni precedenti (facoltativa)
-un pizzico di sale
Eliminate i semi dai datteri e trasferite la polpa in un pentolino con la vaniglia e i 250 ml di acqua.
Portate a bollore e cuocete finché i datteri non si saranno spappolati e non avranno assorbito buona parte dell'acqua.
Eliminate la vaniglia se usata -ma tenetela da parte- e riducete il composto in purea con l'aiuto di frullatore ad immersione (o un normale frullatore).
Passate
al setaccio per eliminare la buccia e i filamenti più consistenti. -Se
vi piace la consistenza un po' granulosa e vi beate all'idea di assumere
qualche fibra in più, potete saltare questo passaggio.-
Rimettete
sul fuoco con i restanti 125ml di acqua e la vaniglia tenuta da parte e
cuocete fino ad ottenere la consistenza desiderata. Incorporate il sale
e mescolate.
Trasferite ancora bollente in un vasetto sterilizzato e conservate in frigorifero per poche settimane.
Si può utilizzare come dolcificante, come crema spalmabile o come base per delle creme veloci, senza dover aggiungere zuccheri.
Delizioso e geniale.
LET'S HAVE BREAKFAST!
*Polline e fiori edibili:
Il pizzico di polvere di fata di cui a volte abbiamo bisogno.
Nonostante il polline abbia mille proprietà ricostituenti
che lo rendono a tutti gli effetti un super-alimento -altro termine che
aborro, ma tant'è-, non è strettamente necessario per tirare insieme una colazione
degna di questo nome, così come i fiori edibili.
Ma è bello incominciare la giornata con qualcosa di buono che appaghi un po' anche lo spirito, no?
Quindi vedete voi se la cosa è nelle vostre corde.
Basta. Non ci crederete, ma il post è finito.
Scegliete la vostra colazione e andate a pianificare la vostra sana routine, non è difficile.
Aspettando il kit de gliAironi, mi ritrovo a sperare che contenga un riso bianco, ricco di amido, per poter creare qualcosa di dolce e cremoso.
Sorpresa sorpresa, il pacco mi rivela il suo contenuto, con un certo disappunto.
Riso Rosso Selvatico, no un dolce non si può fare, mi dico.
Il signorino è un tipetto difficile, integro e dalla fibra inespugnabile.
Ma il suo temperamento mi intriga.
Una sfida; la sua scorza dura incontra la mia determinazione.
Le mie necessità diventano il perno sul quale far ruotare le sue caratteristiche così particolari.
E sarà dolce, che lo voglia o no.
Così il solito budino di riso diventa esotico, sostituendo il latte che non posso bere con quello di cocco e la frutta in accompagnamento segue a ruota, impreziosita da uno zucchero alla menta per l'occasione.
Per due persone:
una tazzina da caffè di Riso Rosso Selvaggio
una lattina di latte di cocco da 200ml
un cucchiaio di zucchero di canna grezzo
tre bacche di cardamomo
mezza stecca di vaniglia
un mango maturo
un cestino di lamponi
cristalli di zucchero caramellato (o zucchero di canna Demerara)
uno o due rametti di menta fresca
succo di lime a piacere
Mettete a cuocere il riso in abbondante acqua, per 15-20 minuti, fino ad ammorbidirlo, finchè il duro non rivela il suo cuore tenero e pallido, attraverso il pericarpo rosso.
Nel frattempo scaldate (senza farlo bollire) il latte di cocco in un pentolino con le bacche di cardamomo schiacciate, la stecca di vaniglia incisa e il cucchiaio di zucchero di canna grezzo.
Mentre tutto bolle e sobbolle, preparate lo zucchero alla menta.
Nel mortaio pestate i cristalli di zucchero (o il Demerara) con le foglioline di menta, fino a ottenere un composto simile alla sabbia bagnata. Se dovesse risultare troppo umido aggiungete altro zucchero e pestate fino alla giusta consistenza.
Stendete lo zucchero alla menta su un vassoietto ad asciugare.
Ormai ci siamo: spegnete il latte di cocco prima che bolla e scolate il riso.
Rimettete il riso nella pentola e mettetelo sul fuoco molto basso. Lentamente, filtrandolo attraverso un colino, cominciate a versare il latte sul riso, poco alla volta, mescolando con un mestolo di legno.
Procedete come con un risotto. Il latte di cocco e i grassi che contiene provvederanno egregiamente alla mantecatura.
La consistenza finale dipende molto da quanto è cotto il riso prima di finirlo con il latte: se è un pò al dente resterà tale e non assorbirà del tutto gli olii del latte, mentre se la cottura è completa, assorbirà al meglio tutto ciò che troverà sulla sua strada.
Quindi vedete voi, a me personalmente piace un pò di "mordende", trovo sia il giusto contrappunto all'arrendevole carne del mango, ma insomma, i gusti son gusti.
Servite il bisbetico, ormai domato, tiepido, con frutta fresca spruzzata di lime e spolverata con il vostro zucchero alla menta.
Io ho scelto il mango e i lamponi perchè, insieme alle fragole, sono i miei frutti preferiti, ma lasciatevi ispirare dal profumo di questo riso e sbizzarritevi nella scelta.
Trovo sia un dolce ottimo per terminare una cena a base di pesce o come conclusione di una serata in cui si è mangiato curry, ma penso che sia perfetto anche per la colazione ricca della domenica, magari in stile dim sum...
Fin dai primi giorni d'autunno, non appena la prima foglia si tinge di giallo, i blog, instagram, i giornali e quant'altro, sono invasi da ricette di dolci con la zucca.
Probabilmente tutta questa frenesia attorno al cucurbitaceo ortaggio si deve all'influsso americano di halloween, ormai adottato a pieno titolo anche qui da noi.
Non fraintendetemi, adoro la zucca in tutte le salse, ma penso che spesso ci dimentichiamo dei frutti più semplici che in questa stagione tornano a farla da padroni, come le sempre amate e mai troppo usate mele.
Ne esistono mille varietà, ce n'è per tutti i gusti: croccanti o farinose, dolci o asprigne, grandi o piccole, verdi o rosse...e chi più ne ha più ne metta.
Questo pomo zuccherino che è con noi letteralmente dalla notte dei tempi, presta la sua candida polpa per i piatti più diversi, accompagnandosi con la stessa disinvoltura a zucchero e cannella in una torta, così come contorno a un arrosto di maiale.
Eppure spesso cerchiamo qualcosa di più esotico e meno scontato, confinando questi frutti allo snack fuori orario per placare una fame improvvisa.
Altro re spodestato della cucina, dall'aroma resinoso e austero, è il rosmarino.
Questo signore severo ma bonario, veglia sui nostri piatti, dispensando sapore senza pretendere nulla in cambio.
Lo mettiamo lì, nel sedere del pollo prima di arrostirlo, o lo buttiamo distrattamente nei ceci per farli più buoni e digeribili, e anche se senza di lui gran parte della nostra cucina non esisterebbe nemmeno, lo trascuriamo, relegandolo a piatti salati e salati soltanto, senza renderci conto delle sue infinite potenzialità.
Quale ignobile ingiustizia.
E' da queste considerazioni che nasce questa ricetta: riscoprire i sapori a cui siamo abituati guardandoli sotto un'altra luce: due ingredienti che non avresti mai pensato di abbinare, improvvisamente si incontrano e, toh, un'inaspettata apoteosi.
Per celebrare questa mia fortuita scoperta ho deciso di coronare il tutto
con una crema al caramello salato: primo perchè userei il
caramello salato anche come crema idratante, secondo perchè il
richiamo dolce-salato di questo balsamo divino si accompagna
perfettamente con il piacevole contrasto tra le mele e il rosmarino.
E se vi è sfuggita la rima non avete un cuore.
Ma veniamo alla ricetta, l'unico vero motivo per cui state ancora leggendo questo interminabile post:
Per 12 muffins:
125 gr di burro morbido
100 gr di zucchero di canna (tipo Dulcita)
1 uovo grande
100 gr di farina 00
50 gr di farina di farro
1/2 bustina di lievito
un pizzico di sale
1 mela (Gala)
3 rametti di rosmarino
2 cucchiai di rum scuro (facoltativo)
2 cucchiai abbondanti di zucchero di canna Demerara
Sbucciate e tagliate la mela a dadini finissimi (mirepoix). Sfogliate i rametti di rosmarino e tritateli finemente.
Setacciate le farine con il lievito e aggiungetevi metà del trito di rosmarino e il sale.
Con
le fruste elettriche o in una planetaria (o se proprio siete stoici, a
mano), montate il burro con lo zucchero fino a renderlo chiaro e
spumoso. Sempre sbattendo aggiungete l'uovo e subito dopo il mix di farine. Spegnete e finite di amalgamare il composto con una spatola, evitando così di lavorarlo troppo. Aggiungete le mele tagliate a dadini, incorporandole delicatamente. Dividete
l'impasto in una teglia già foderata con dei pirottini (io uso un
porzionatore da gelato per quest'operazione: è l'unico metodo che mi evita
di conciare la cucina in modo indecente).
Con il dorso di un cucchiaino create un piccolo avvallamento nell'impasto di ogni muffin. A parte mescolate lo zucchero Demerara e il restante rosmarino. Distribuite una presa di questo composto nell'avvallamento dei vostri muffin. Infornate a 180° per 20-25 minuti.
Una volta sfornati capirete il perchè del nome bizzarro
che ho voluto dargli: lo zucchero al rosmarino che abbiamo distribuito
su ogni muffin, in cottura, creerà una sorta di caverna delle
meraviglie, umida e fragrante.
E vi dico, anche solo spolverati di zucchero a velo, a colazione o con il the del pomeriggio, sono una delizia.
Ma
se proprio volete il top, e pensate di servirli come dessert, non
potete rinunciare a una colata lavica di crema al caramello:
Fate sciogliere a fuoco bassissimo, e sempre mescolando, il Dulche de Leche. Una volta sciolto togliete dal fuoco e aggiugete il burro a dadini e il sale, mescolando bene per incorporarli.
Unite questo composto, leggermente raffreddato, al Philadelphia e amalgamate bene fino a creare una crema liscia. Fate raffredare in frigorifero fino a che non raggiunge una consistenza spalmabile.
Utilizzate questa crema come più vi piace: se li servite subito e volete fare
bella figura, potete anche cimentarvi con il sac à poche, ma, data la
consistenza cedevole di questa crema, personalmente preferisco il buon
vecchio cucchiaino.
E decorate come preferite: croccante sbriciolato, rosmarino, mele secche...
Tanto poi, lo sappiamo bene che fine fanno, decorati o meno.
Questa è una di quelle ricette, come quasi tutte le mie ricette, che potete adattare ai vostri gusti ed esigenze.
Non a caso è ormai uno dei must a casa mia, bene o male cerco sempre di averne un vaso pieno ogni settimana.
Anche se spesso finisce prima, dato che ogni volta che ci passo accanto, ne rubo una manciata, da sgranocchiare mentre faccio altro.
Con la scusa che è sana...
Si, perchè anche i cereali cosiddetti "dietetici" sono zeppi di zuccheri e cose varie.
Eh già. La prossima volta che siete al super date un'occhiata. O andate a prendere quelli che avete sullo scaffale e fate una piccola analisi...
Ma già lo sapete, e infatti scegliete spesso i muesli invece dei cereali industriali...e il sapore?
Siamo onesti, ho provato più di un muesli, e la maggior parte sanno di crusca per cavalli.
Non che abbia mai assaggiato la crusca per cavalli, ma sospetto che abbia quell'esatto sapore.
E il prezzo? Con la scusa del sano/biologico/senza questo/senza quello spesso questi preparati costano cifre improponibili, quando, parliamoci chiaramente, non sono altro che avena con una manciata (scarsa) di frutta secca e poco altro, ficcati in una confezione very fancy per intortarci furbescamente.
Date retta a me, potete fare di meglio.
Chi fa da se...
...pochi, semplici ingredienti e avrete i vostri cereali preferiti, fatti da voi.
Per una settimana di colazioni senza mangiucchiate extra (in alternativa raddoppiate le dosi):
225 gr di fiocchi d'avena
120 gr di mandorle (o altra frutta secca, anche mista)
115 gr di malto di riso (o miele, o sciroppo d'acero, o sciroppo d'agave)
60 gr di chips di cocco (o altra frutta secca, o cerali soffiati)
3 cucchiai di olio di cocco (o olio vegetale, anche di oliva delicato)
1/2 cucchiaino di semi di vaniglia (o cannella, o altre spezie a scelta)
un pizzico di sale
In una ciotola capiente mescolate tutti gli ingredienti, potete utilizzare una spatola di silicone o potete fare come piace a me e infilarvi dei guanti di lattice, ungerli con poco olio e smanazzare direttamente nella ciotola, in modo che anche l'ultimo fiocco d'avena sia ricoperto di olio, malto e vaniglia.
Trasferite e distribuite in modo uniforme in una teglia (meglio quella grande data solitamente in dotazione con il forno) foderata con carta forno e cuocete a 150° per 30-40 minuti: il mix dovrà risultare asciutto, croccante e dorato, ma non troppo tostato.
Mescolate e rigirate a circa metà della cottura, in modo che si colori e si asciughi uniformemente.
Una volta cotta, toglietela dal forno e lasciatela raffreddare completamente prima di trasferire in un vaso a chiusura ermetica.
A me piace così, liscia, ma volendo potete aggiungere un paio di manciate di uvetta, chips di banana secca, cioccolato a scaglie o altra frutta secca morbida, insomma, quel che più vi aggrada.
Perfetta
anche da sola con poco latte (mucca, soia, mandorla,
cocco...), o nello yogurt con poca frutta fresca: assolutamente
deliziosa!
Come già detto, non fermatevi a questa ricetta, giocate con gli abbinamenti: uno di quelli che preferisco vede i pistacchi al posto delle mandorle e olio di oliva e.v.o. al posto di quello di cocco. Paradisiaco.
I pistacchi costicchiano, quindi non proprio per tutti giorni, ma se riuscite, provatela!
Questa granola si mantiene per mesi, ma vi sfido a farla durare tanto.
Era da diverso tempo che volevo parlarvi della mia ossessione.
Qualche indizio in realtà ve lo avevo già dato qui e qui...e anche qui.
Ma credo sia ora di dirlo apertamente: sono pazza per la cucina orientale.
Dico orientale per non dover specificare ogni volta: giapponese, cinese, recentemente e di una passione bruciante coreana e, anche se in maniera per ora limitata, quella thai(landese).
E pazza perchè, ci crediate o no, per tre mesi, due anni fa, cucinavo così pranzo e cena.
Preparandomi il bento nei giorni in cui mangiavo fuori casa...
... C-R-A-Z-Y!
Il fatto è che trovo il modo di scegliere e preparare il cibo di queste culture estremamente interessante e i sapori che si riescono a creare con pochi ingredienti -anche se non sempre tutti reperibili, ma vi aiuterò a trovare delle sostituzioni- mi stupisce ogni volta e mi soddisfa più di tante altre golosità che si possano immaginare.
Quando voglio viziarmi traggo ispirazione da queste cucine e non resto mai delusa.
Questa volta quindi voglio andare fino in fondo e spiegarvi le cose che ritengo fondamentali per poter realizzare un pasto come questo a casa vostra
Una volta apprese le basi, sarete ad una lavata di riso dal vostro prossimo pasto all'orientale.
Ed è proprio dal riso che voglio partire.
Come parlare di cucina orientale senza parlare di riso?!
Quindi preparatevi perché questo post è molto tecnico.
In altre parole: dupalle, soprattutto se di preparare del riso alla giapponese perfetto non ve ne importa una fava di edamame.
Se invece vi stuzzica l'idea di cimentarvi, per lo meno, con un sushino casalingo, vi consiglio di passare da qui.
La cosa più importante è la scelta della tipologia riso.
Le ragazze che sono venute al mio corso sulle basi della cucina
giapponese, se mi stanno leggendo, staranno alzando gli occhi al cielo:
penso di averne parlato almeno mezz'ora!
Eh lo so, ma se usate un riso lungo come il basmati perché vi da vibrazioni “orientali”, non funzionerà.
E poi non vi lamentate!
Il
riso che viene utilizzato per preparare il sushi e come accompagnamento
a tutti i pasti giapponesi & co -ad eccezione della cucina thai, ma questa è una storia che vi racconterò un'altra volta- è un riso Originario a chicco tondo.
Da noi questo tipo di riso è utilizzato principalmente per la preparazione di dolci o minestre e, diciamo la verità, viene un po' snobbato rispetto alle super star dei risotti come il Carnaroli e il Vialone Nano.
La differenza sta nel fatto che questi
ultimi due, sebbene anch'essi dal chicco piccolo e tondeggiante, hanno
un contenuto maggiore di amido e una “resistenza” alla cottura che,
proprio per questo, li rende perfetti nei risotti mentre poco adatti al
tipo di risultato che vogliamo ottenere per un piatto orientale.
Una volta afferrato questo concetto, andate
ad esplorare nel reparto del vostro super e fate un confronto veloce:
un riso da sushi giapponese -questo nella foto era davvero di ottima qualità- vi viene a costare, come minimo, dai 3 ai 5€.
Un
più umile ma altrettanto valido riso originario italiano -che di solito si trova in
uno degli ultimi ripiani in basso...-, probabilmente vi costerà meno di
un euro.
[Mi chiedo se il Signor Eurico, in quel di Vercelli, abbia mai pensato di scrivere sulla
confezione “ideale per sushi”: sono quasi sicura che raddoppierebbe le
vendite!]
E, fidatevi, sono la stessa cosa!
Cambiano
solo la confezione e la provenienza e, senza nulla togliere al
volenteroso contadino giapponese, preferisco il mio buon contadino
italiano.
Se non altro questo riso non ha viaggiato in aereo, facendomi pagare pure il biglietto...
Per
essere completamente onesti, bisogna dire che quella dei giapponesi -e di quasi tutte le culture asiatiche- per il riso è quasi una
religione.
Pensate a quello che rappresenta per noi il pane.
Ecco.
E questo in tutte le sfaccettature possibili.
Quindi,
inutile dirlo, la selezione e la cura con cui producono il loro riso
sono paragonabili solo a quelle, per fare un facile esempio, di un
panettiere di Altamura che sceglie la farina con cui preparare le sue pagnotte.
Lontano anni luce dal “all you can eat” vicino casa...
-...e scusate la spocchia, ma anche no.-
Quindi, il consiglio è di iniziare e impratichirvi con un riso che trovate nella grande distribuzione -Eurico for the win!- e poi, se vi intrippate, di rivolgervi a dei produttori di riso locali -dai quali magari comprate già il Carnaroli per il risotto- e provare la loro varietà di Originario: ne guadagnerà il piccolo produttore, voi per la qualità del prodotto e avrete simbolicamente reso onore ad una cultura millenaria che, come la nostra, considera la qualità e la freschezza delle materie prime un ingrediente fondamentale e irrinunciabile.
E poi, volete mettere la soddisfazione di fare un sushi con il riso a km 0!?
Ma veniamo alla parte del post in cui la smetto di fare la saputella e vi racconto, finalmente, come ottenere una ciotola di riso bianco perfetta.
Il passaggio fondamentale è senz'altro il lavaggio: bisogna eliminare l'amido in eccesso di cui i chicchi di riso sono incipriati.
Per evitare di farvi leggere 15 pagine di spiegazioni, ho realizzato le foto dei passaggi principali e un piccolo video sulla mia tecnica di lavaggio -orrendo e nel quale sembro un procione impazzito che lava le sue conchiglie preferite- che vi illustrerà senza troppi giri di parole come fare.
-Per vostra sfortuna, elaborare tante foto tanto simili tra loro mi annoia mortalmente, così ho pensato di rendere la vostra fruizione più friccicarella aggiungendo informazioni inutili nelle foto di alcuni passaggi.
A voi l'arduo compito di distinguere le une dalle altre...-
1.La prima acqua che verserete nella pentola va eliminata immediatamente: viene subito saturata di amido e se lasciata a lungo a contatto con il riso ne rovina il sapore finale.
-Essendomi ormai impratichita eseguo il lavaggio direttamente nel pentolino in cui intendo cuocerlo (dal fondo spesso, ancora meglio una pentola di coccio, con un coperchio che non faccia uscire il vapore), ma vi consiglio soprattutto per le prime volte di aiutarvi con un colino per evitare di perdere dei chicchi di riso ad ogni risciacquo.-
2. Eliminatela, versatene un altro po' e procedete nel modo seguente:
3.Il riso va lavato e risciacquato cambiando l'acqua finchè questa non risulterà perfettamente limpida.
4.Fate scolare bene il riso dall'ultima acqua di lavaggio e aggiungete al riso l'acqua necessaria alla cottura.
Utilizzando il metodo di cottura ad assorbimento, la quantità di acqua utilizzata è fondamentale.
Personalmente, usando una tazzina da caffè -per porzione- come riferimento, trovo che la proporzione 1:1, cioè una tazzina di acqua per ogni tazzina di riso, sia perfetta.
Ma dipende tanto dalla qualità del riso, dalla sua età -orbene, sì- e non ultimo dal gusto personale.
Le proporzioni possono quindi variare dal 1:1,1 al 1:1,2 che significa una tazzina e un cucchiaino o una tazzina e due cucchiani per ogni tazzina di riso...
Sono sottigliezze, lo so...ma, in particolare la cucina giapponese, vive di sottigliezze.
A voi la scelta.
5.Lasciate riposare -coperto- il riso nella sua acqua dai 15 minuti fino ad un'ora -I giapponesi spesso lavano il riso per il pasto della colazione la sera prima e lo lasciano in ammollo tutta la notte (d'estate in frigorifero!) quindi potete lavare il riso anche qualche ora prima della preparazione del pasto- che potrete impiegare nella prepararzione delle altre pietanze o degli ingredienti per il sushi.
-Per i sushi addicted inoltre consiglio un ulteriore passaggio prima dell'ammollo: dopo averlo lavato trasferitelo in un colino e lasciatelo asciugare per un'oretta.
I chicchi manterranno una consistenza ideale.-
Inoltre, per aromatizzare il vostro riso, potete aggiungere un pezzetto di alga kombu o in alternativa -io lo uso spesso- qualche fettina di radice di zenzero.
6.Accendete il fornello più piccolo che avete -spesso, quando devo preparare una sola porzione di riso e il pentolino è molto piccolo, uso anche uno spargifiamma per limitare il calore diretto- a fuoco vivo e cuocete il riso finchè non arriva a bollore.
A questo punto abbassate la fiamma al minimo e lasciate cuocere finchè il riso non avrà assorbito tutta l'acqua. Evitate di aprire in continuazione la pentola facendo uscire il vapore: ci vorranno dai 10 ai 12 minuti, ma i tempi si allungano notevolmente se la quantità di riso supera le 3-4 tazze.
Una volta trascorso questo tempo, sollevate il coperchio, osservate e tendete l'orecchio: l'acqua è stata assorbita tutta? Sentite provenire dal riso un leggero crepitìo? Sì? Allora il vostro riso è pronto.
Togliete dal fuoco, avvolgete la pentola in un canovaccio pesante e lasciate riposare 10-15 minuti.
Apparecchiate, finite di preparare le utime cose e iniziate a servire gli altri piatti del pasto.
Il riso è come la padrona di casa: si siede a tavola per ultimo e senza di lui non si inizia a mangiare.
7.Quando è tutto pronto aprite la pentola, eliminate l'alga Kombu se utilizzata -ma non buttatela via! Nei prossimi post vi spiegherò perchè- e, con un mestolo o la paletta apposita, dividete il riso come fareste con una torta.
Poi passate il mestolo attorno ai bordi e radunate il vostro riso al centro.
-Non
so a cosa serva esattamente questa operazione, forse a render uniforme
la consistenza del riso, dato che lungo i bordi sarà cotto in modo
leggermente diverso che al centro, ma mi piace pensare che sia un gesto simile al nostro di fare un taglio incrociato sugli impasti che devono
lievitare: utile a far sfogare in modo uniforme la forza del lievito, ma allo stesso tempo una benedizione che protegge il pane fin dentro al forno.-
Avrete subito modo di verificare se il vostro riso è venuto a regola d'arte: dovrà essere appiccicoso e radunarsi in fiocchi consistenti, ma allo stesso tempo mantenere ogni chicco separato dagli altri, senza spappolarsi.
Servite con quello che volete -un'idea veloce e semplice ve la darò a breve- o conditelo e raffreddatelo per preparare un sushi da urlo.
Devo confessare che la prima volta che l'ho preparato, anni fa, ho finito per mangiarmene una ciotola così, da solo, tanto ero stupita dalla purezza e allo stesso tempo dal comfort che una cosa tanto semplice riusciva a trasmettermi.
Non è un caso che gohan (白ご飯) la parola giapponese per "riso" significhi anche "pasto".
E per ora mi fermo qui, anche se quasi a malincuore perchè di cose da dire sulla cultura culinaria giapponese ce ne sarebbero talmente tante che non basterebbe un blog interamente dedicato, ma credo che basti questo post per farvi capire la raffinata semplicità di questa cucina, anche se fitrata attraverso il mio sguardo occidentale.
-Restate in linea e preparate altre ciotoline perchè con i prossimi post andremo a completare il nostro Pranzo all'Orientale!-