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sabato 7 luglio 2018

Ciambelline ripiene di crema al cioccolato // La coerenza di una contraddizione




Questo post è un po' un Frankestein (si lo so che non è il nome del mostro ma quello del Dottore...in ogni caso ci siamo capiti!), perché ho voluto farci stare tre preparazioni a cui stavo pensando da tempo e che avevo voglia di proporvi.

Purtroppo devo ammettere che, sebbene l'accostamento basilico-cioccolato mi piaccia molto, all'assaggio mi sono resa conto che la Nocciolata (seppur meno dolce della Nutella), risulta un po' stucchevole in relazione alle finiture al basilico -entrambe piuttosto zuccherose- che avevo pensato per queste ciambelline.

Ma vi darò diversi consigli su come correggere il tiro: potrete così imparare dai miei errori, senza l'onere delle conseguenze ma solo con l'onore dei benefici.

Prego, non c'è di che... ;D

Per 12 ciambelline:
  • 100gr di farina 00
  • 50gr di pistacchi ridotti in polvere
  • 1 cucchiaino di lievito
  • 50gr di zucchero di canna fine (ma potete scendere fino a 30gr)
  • 1/4 di cucchiaino di sale
  • 30gr di olio di cocco (o margarina non idrogenata)
  • 60ml di latte vegetale
  • 60gr di yogurt di cocco (o soia)
  • 1 uovo
  • 1 cucchiaino di estratto di vaniglia

Per il ripieno al cioccolato:
  • 250gr di Nocciolata senza latte Rigoni (circa un vasetto) 

(Ho utilizzato prodotti di origine vegetale perché ho voluto mantenere la ricetta senza lattosio, data la mia intolleranza: ma sentitevi liberi di usare latte, burro e yogurt di latte vaccino se per voi non fa differenza. Il prodotto finito non potrà che giovarne!)


La prima cosa da fare per queste ciambelline ripiene è, appunto, preparare il ripieno.
In realtà si tratta solo di versare il contenuto del vasetto di Nocciolata in un sac à poche con bocchetta liscia, e realizzare degli anellini che andranno poi fatti congelare.

La parte più macchinosa consiste nel prendere le misure della teglia e realizzare un template da usare come guida. Ho la fortuna di avere un coppa-pasta della dimensione perfetta che ho usato facilmente per disegnare dei cerchi su della carta forno. Ma sono sicura che anche voi avrete in casa qualcosa che potete utilizzare allo stesso modo. 
In alternativa il caro vecchio compasso delle medie farà il suo lavoro.

Vi consiglio di fare questa operazione su una teglia piatta e che sta comodamente nel vostro freezer.
Foderatela di pellicola: in questo modo, una volta congelati, i cerchietti di Nocciolata, saranno più semplici da staccare. 

Trasferite in freezer per almeno un paio d'ore o comunque finché non saranno solidi al tatto: non diventeranno mai completamente ghiacciati, per via dello zucchero e degli oli presenti nella crema, ma vi accorgerete quando saranno pronti.

Una volta congelati, staccateli dalla pellicola e trasferiteli su un vassoio che rimetterete in freezer mentre preparate l'impasto per le ciambelline.


Setacciate le farine con il lievito e il sale, aggiungete l'olio di cocco (o la margarina o il burro a tocchetti) e sabbiate la farina. 
Se disponete di un impastatore, utilizzate lo strumento a "foglia" per quest'operazione.
In alternativa è possibile farlo a mano, sfregando la farina tra le dita finché l'olio non viene assorbito completamente. 

In una caraffa, sbattete l'uovo con lo yogurt, il latte e l'estratto di vaniglia.
Aggiungete lo zucchero alla farina sabbiata, mescolate bene e aggiungete gli ingredienti liquidi.
Fate incorporare bene, in modo da creare un impasto uniforme.

Trasferite in un sac à poche e distribuite metà dell'impasto nello stampo per ciambelle, recuperate dal freezer i cerchietti di Nocciolata e distribuiteli nello stampo, facendoli affondare leggermente nell'impasto, con la parte piatta rivolta verso l'alto.
Terminate di riempire lo stampo con in restante impasto, in modo da coprire i cerchietti di crema gianduia.

Battete leggermente lo stampo sul piano di lavoro prima di infornarlo: in questo modo l'impasto di distribuirà in modo uniforme.
Cuocete a 180° per circa 12 minuti.



Una volta tolte dal forno lasciate raffreddare brevemente le ciambelline prima di sformarle.
Maneggiatele con cautela perché il ripieno, più liquido che solido dopo la cottura, le rende particolarmente fragili in questa fase.
Lasciatele raffreddare completamente su una gratella (e se potete anche un'oretta in frigo) prima di procedere alle eventuali fasi successive.

"Eventuali" perché, come ho detto all'inizio di questo post, il ripieno di gianduia rende in realtà superflua qualsiasi glassatura o altra aggiunta.
A dirla tutta quindi, potreste anche evitare la polvere di pistacchi nell'impasto e limitarvi ad utilizzare 150gr di farina 00, realizzando così una base alla vaniglia semplicissima che valorizzerà il ripieno.

Non ometterei i pistacchi, invece, se voleste provare a realizzare delle semplici ciambelline, senza ripieno, glassate al basilico: ma solo perché trovo grazioso il richiamo cromatico...e inoltre adoro i pistacchi.

Con la glassa al basilico che vi propongo subito sotto, trovo che starebbe benissimo anche una semplice base al cacao: la ricetta è la stessa che vi ho fornito, vi basterà sostituire 20gr, dei 150 totali di farina 00, con del cacao amaro.
Il contrasto tra la nota amara e avvolgente del cacao bilancia alla perfezione quella aromatica e fresca della glassa al basilico. 


Ma veniamo alla glassa:
  • 125gr di zucchero a velo
  • un cucchiaino di zucchero semolato
  • il succo di mezzo limone
  • una manciata di foglie di basilico*
  • un cucchiano di miele di acacia (facoltativo, ma lascia la glassa lucida una volta rappresa)
  • qualche fiore di basilico per decorare
(*io ho utilizzato una varietà che si chiama "cannella", molto aromatico e simile alla menta, ma più delicato e complesso come aroma. Non vi preoccupate: un buon basilico tradizionale andrà più che bene.)

In un mortaio (o, se preferite, in un frullatore anche se il basilico tenderà ad ossidarsi), pestate il basilico con lo zucchero semolato fino a ridurlo in poltiglia.
Aggiungete il succo di limone e mescolate brevemente.

Versate lo zucchero a velo in una ciotola con il miele (se l'avete usato) e aggiungete il succo di limone ormai verde un cucchiaino alla volta, filtrandolo attraverso un colino.

Dovrete ottenere una glassa piuttosto densa e corposa, in modo che si solidifichi in fretta e non coli troppo dalle ciambelline (quindi non è detto che il succo di limone vi serva tutto: aggiungetelo poco alla volta!).

Raggiunta la consistenza desiderata, pucciatevi le ciambelline dal lato che desiderate e, prima che la glassa asciughi, decorate con qualche fiorellino di basilico.
Lasciate rapprendere prima di servire.


Se le glasse non fanno per voi, vi consiglio di optare per uno zucchero aromatizzato: frullate 200gr di zucchero semolato con una manciata abbondante di foglie di basilico e la scorza di un limone.
Una volta che lo zucchero avrà assunto l'aspetto di sabbia bagnata verde acido, aggiungete 100gr di zucchero a velo (o più se necessario) e frullate, in modo che il composto finale risulti asciutto e ben slegato.

Trasferite questo zucchero aromatizzato in un sacchetto per alimenti e, quattro alla volta, buttateci dentro le ciambelline. Agitate il sacchetto in modo che si ricoprano di zucchero in maniera uniforme.
Se non intendete servirle o mangiarle tutte in una sola soluzione (in caso contrario avreste tutta la mia stima), zuccheratele di volta in volta, perché questa finitura tende a sciogliersi e rapprendersi in malamente se non consumata in breve tempo.

Questo zucchero vi avanzerà senz'altro, ma io non mi lamenterei: potreste usarlo per un mojito al basilico, per decorare i bicchieri di un cocktail (un basilico-sour magari?) o, perché no, dei biscotti o altre ciambelline con quest'erba come protagonista.

E questo è quanto.
Come al solito ho scritto troppo e come spesso mi capita temo che le mie troppe divagazioni e cambi di rotta vi abbiano fatto perdere il filo.
Ma spero sempre che qualcuno riesca a trovarne il capo e capire il succo di quello che volevo dire. 
Che in questo caso, nonostante il cioccolato, profuma innegabilmente di basilico.




venerdì 15 giugno 2018

Gelato 'furbetto' al cioccolato // Quel che le banane non dicono




Le banane sono un frutto che non stimola particolarmente il mio istinto culinario, devo ammetterlo.
Le compro perché a casa mia fungono da base per le mie bowl mattutine, mentre l'orso bianco che vive con me, le consuma solo quando poco mature, o al massimo in godzillani frappé di latte, spesso arricchiti da qualche pallina di gelato...

Ma non sempre avviene tutto ciò, anzi, spesso le povere banane restano nella fruttiera, a ricordarmi che sono una consumatrice distratta, nonostante tutte le mie buone intenzioni.

Ecco quindi che se non decido di fare un banana bread (che se non gronda di cioccolato non viene nemmeno considerato dal mio orso polare domestico...), vengono fatte a tocchetti e congelate per i suddetti utilizzi.

Sta di fatto che a volte, ormai occultate nel mio freezer -zeppo al limite del legalmente consentito-, vengono dimenticate...di nuovo.

Ecco quindi che questa ricettina, che poi non è nemmeno una ricetta, viene in mio soccorso.
O più che della sottoscritta, delle povere neglette banane.  


Mentre cercavo di fare una foto decente il mio 'gelato' ha iniziato a sciogliersi: la consistenza a cui dovete ambire è leggermente più sostenuta di questa, dove si riesce ancora a vedere chiaramente la struttura a vortice lasciata dalle lame.

Per circa 4 porzioni abbondanti:
  • 300gr circa di banane congelate a tocchetti
  • 2 cucchiai abbondanti di cacao (30gr circa)
  • 120ml circa di yogurt (io ho utilizzato quello di cocco)
  • un cucchiaino di estratto di vaniglia
  • un pizzico di sale
  • 2-3 cucchiai di burro di mandorle tostate o arachidi (facoltativo)
  • arachidi salate tritate grossolanamente per servire (facoltativo) 

La cosa fondamentale per questa preparazione è un robot da cucina decente (mixer, o come volete chiamarlo), se avete un buon frullatore con il quale riuscite a realizzare anche delle polveri o creme dense senza che si ingolfi o giri a vuoto, andrà benissimo anche quello.

Mettete le banane a tocchetti, il cacao, lo yogurt e l'estratto di vaniglia nel mixer e iniziate a frullare con la funzione 'pulse' fino ad ottenere un composto grossolano.
Se usato, aggiungete il burro di mandorle e il sale.



Quindi frullate fino ad ottenere un composto denso e omogeneo, ma non esagerate o le banane si scongeleranno del tutto e vi ritroverete con più di mezzo litro di frullato...e non ve lo auguro proprio.

Trasferite in un contenitore adatto al freezer, meglio se di metallo, ma anche un tupperware a chiusura ermetica andrà benissimo.
Trasferite in freezer e lasciate riposare per circa un'oretta (ma anche una mezz'ora è sufficiente).

Servite come un normale gelato, con tutti i cotillons che preferite. 
Io ho utilizzato le arachidi salate perché trovo che siano il giusto contraltare al connubio banana-cioccolato, ma non fatevi condizionare.

L'aggiunta del burro di semi non è fondamentale, anzi, è più facile che mi capiti di realizzare questa ricetta senza, ma vi consiglio di provarlo perché aumentando l'apporto di grassi alla struttura, si rende il prodotto finale più cremoso e senza dubbio più goloso e indulgente, pur restando in zona 'senza sensi di colpa'...o quasi. 

Se non lo consumate tutto subito (cosa che però vi consiglio, piuttosto riducete le dosi), potete ricongelarlo, ma non lasciatelo languire in freezer per troppo tempo, dato che tende a cristallizzare e a prendere un sapore poco gradevole. 

Come faccio sempre, vi invito a sperimentare con questa tecnica: usando come base le banane congelate potete realizzare un'infinità di varianti e ricordate che meno sono mature meno sapore lasceranno al gelato che risulterà più neutro, cosa interessante se volete sperimentare gusti delicati, ma probabilmente dovrete aggiungere del miele o altro per ottenere il giusto grado di dolcezza.

Oso dirvi che questo 'gelato' ha ottenuto l'approvazione da parte del divorate di gelato più accanito che io conosca. Non dico che lo preferisca a quello tradizionale (andiamo su, non lo pretendo nemmeno da me stessa!), ma lo ha scofanato più che volentieri, e vi assicuro che è quasi un evento epocale! 

Quindi provatelo, e fatemi sapere se anche la fauna di casa vostra gradisce.


lunedì 19 febbraio 2018

Ciambelle alle pere, vino rosso e cioccolato // Le apparenze ingannano



Vi è mai capitato di dare uno sguardo a qualcosa o a qualcuno e di pensare di aver capito tutto di quella cosa o di quella persona?
O magari siete stati voi l'oggetto del fraintendimento e qualcuno aveva capito tutto di voi, senza  mai nemmeno essersi preso la briga di confrontarvi in maniera diretta.

Orribile, vero? 

Queste ciambelle invece, sono tutt'altro che orribili.
Sono una sorpresa deliziosa e interessante, non una delusione sconfortante.

Ma, come alcune persone, possono risultare più difficili da inquadrare: la pasta scura, tendente al nocciola che sembra racchiudere promesse al cacao, sensazione incentivata dalla copertura al cioccolato, nasconde invece ben'altri segreti...


Per 12 ciambelle:
  • 55gr di farina di riso Venere*
  • 55gr di farina di mandorle
  • 55gr di zucchero Dulcita 
  • 3/4 di cucchiaino di lievito
  • 50ml di olio di semi (o e.v.o. molto delicato)
  • 130gr di burro di pere al vino rosso (o una composta di pere neutra)
  • 1 uovo e un tuorlo
  • la scorza grattugiata di un'arancia (non trattata)
  • 1-2 cucchiai di vino rosso

Per la copertura:
  • 100gr di cioccolato fondente 65% min tritato
  • un cucchiaino di miele
  • 6oml circa (4 cucchiai) di vino rosso
  • 2 cucchiaini abbondanti di olio di cocco (in alternativa circa 20gr di burro)
  • un pizzico di sale
  • polvere di barbabietola (facoltativa)
  • il contenuto di una bustina di karkadè (facoltativo)
(* Se non trovate la farina di riso Venere, provate con della farina di mais tipo fioretto, oppure potreste sperimentare con della farina di grano saraceno: l'effetto non sarà proprio lo stesso, ma il sapore non dovrebbe deludervi,  mantenendo la ricetta gluten free.)


Con delle fruste elettriche (a mano, se siete stoici), montate le uova con lo zucchero fino ad ottenere un composto chiaro e spumoso.
Continuando a sbattere, versate l'olio a filo, facendo in modo che venga ben incorporato.
Aggiungete anche il burro di pere e la scorza d'arancia e sbattete brevemente per amalgamare.

Se non avete a disposizione un burro di pere al vino rosso (dai sentori di vin brulè) potete decidere di utilizzare una composta (mi raccomando: non una marmellata!) di pere neutra e aggiungere delle spezie evocative come cannella, chiodi di garofano e anice: un pizzico di ognuna sarà più che sufficiente.

Setacciate sommariamente le farine con il lievito, principalmente per miscelarle, e incorporatele al composto. Se siete pigri -come me- potete utilizzare le fruste invece che la spatola: non essendoci glutine c'è meno rischio che l'impasto faccia la temuta malloppa.

Sempre mescolando, aggiungete uno o due cucchiai di vino rosso (ma se vi fosse avanzato del vin brulè...) per aggiustare la consistenza dell'impasto. Ma non esagerate o le vostre ciambelle non staranno insieme!


Trasferite il composto in un sac à poche (o scegliete il medium che preferite) e dividete l'impasto nelle cavità dello stampo, precedentemente unto con un pochino d'olio.

Cuocete a 180° per circa 15 minuti, ma la prova dello stecchino, nel dubbio, vi dirà la verità.

Nel frattempo, prendete il vino rosso e, in un pentolino dal fondo spesso, fatelo ridurre a fuoco lento. Dovreste ottenerne un cucchiaio, circa 15 ml.

In una bastardella, o una ciotola resistente al calore, mettete il cioccolato tritato, il miele, l'olio di cocco (o il burro) e il pizzico di sale. 
Versatevi la riduzione di vino rosso ancora bollente per creare una ganàche, ma se la riduzione non fosse sufficiente a sciogliere tutto il cioccolato, terminate l'operazione a bagnomaria. 

Una volta fredde, pucciate una delle facce (o culetto?) delle ciambelle nella ganàche realizzata. La copertura potrebbe risultare difficoltosa data la consistenza voluttuosa, ma piuttosto densa, di questa crema, quindi vi consiglio di aiutarvi con una spatolina o il dorso di un cucchiaino per distribuirla in modo uniforme. 

Prima che il cioccolato inizi a tirare, spolverate con la polvere di barbabietole e il karkadè, se utilizzati. 
Ma sono perfette anche senza.

-Anche se l'asprigno del karkadè gioca bene con gli altri sapori presenti...-



Mettetele a rapprendere in frigo per almeno una mezz'ora, ma ricordatevi di lasciarle a temperatura ambiente una decina di minuti prima di servirle.

Ad ogni modo cercate di assaporare bene prima di dare un giudizio.
Ancor di più se è una persona che volete valutare: non si può mai sapere quanto un verdetto, formulato con noncuranza, possa cambiare il sapore di una vita.  
Magari anche la vostra.

venerdì 22 dicembre 2017

Bottoncini all'arancia//Nel cuore dell'inverno, il seme dell'estate


Così come dobbiamo sperimentare il buio per comprendere l'importanza della luce, non esiste ombra senza che una luce la proietti. 

Conosciamo il bene in contrasto al male e viceversa.

Conosciamo l'inverno, perché ricordiamo l'estate.
E il Natale è una scintilla di luce nel freddo del buio invernale, che ci promette il ritorno del sole.

Non avevo in mente queste metafore esistenziali quando ho pensato di fare questi dolcetti, ma trovo che i contrasti di consistenze, colori e sapori che li caratterizzano, ben si sposano con il significato che mi piace dare al Natale.

Eccoli qui dunque:

per 24 (e più) mini cupcakes
  • 250gr di farina autolievitante
  • 50gr di farina di mandorle
  • 250gr di zucchero semolato
  • 100ml di olio di semi
  • 120ml di latte di mandorle (o vaccino)
  • 3 uova
  • 1 arancia non trattata intera
  • i semi di 1/2 bacca di vaniglia


Tagliate l'arancia non trattata a spicchi e frullatela, con un frullatore ad immersione, con l'olio e il latte, fino a creare una purea densa ed omogenea.

Trasferite il composto in un mixer (quello con le lame) e, con il motore in funzione, aggiungete le uova una alla volta.

Lasciate incorporare bene, poi unite lo zucchero, i semi di vaniglia e le farine e frullate fino ad ottenere un impasto liscio ed omogeneo.  

Dividete l'impasto nello stampo per mini muffins.

-Per praticità preferisco foderare lo stampo con dei pirottini anche se poi non li utilizzo per il servizio, ma potete scegliere di imburrare e infarinare le singole cavità se preferite. Oppure usate uno stampo per ciambelline o quello che più vi ispira, purchè sia un formato monoporzione, dato che il tipo di decorazione che vi propongo lo richiede.-

Cuocete a 180° per 12-15 minuti o finché supereranno la prova stecchino.

Una volta pronti lasciateli raffreddare completamente prima di procedere alla decorazione (ed eliminare gli eventuali pirottini...).

*Piccola nota: data la presenza dell'intero frutto frullato nell'impasto, questi dolcetti avranno un lieve retrogusto amarognolo, che io trovo delizioso (mi ricorda la marmellata di arance amare che fa la mia mamma...e l'aranciata amara!) ma se voi non amate questo sapore, eliminate l'albedo (la parte bianca della buccia) frullando solo la scorza colorata e la polpa.




Per la decorazione:
  • 2-3 foglie più esterne di una verza, ben lavate (o altra verdura a foglia verde)
  • 150-200gr di cioccolato fondente 65%min
  • 2 cucchiaini di olio di cocco
  • un pizzico di sale
  • colorante alimentare in polvere bronzo (o oro, o altro metallizzato)
-Da quando ho realizzato queste ciambelline, la mia immaginazione è sempre alla ricerca di nuove texture da imprimere nel cioccolato.
E' così che è nata l'idea di questa decorazione.
Le foglie delle molte crucifere di cui l'inverno ci fa omaggio, sono abbastanza grandi e bollose (ma soprattutto edibili) da renderci il lavoro piuttosto semplice.-

Eliminate la grossa costa centrale delle foglie in modo da poter stendere con più agio le due parti così ottenute.

Giratele sottosopra, in modo che la parte sottostante delle foglie sia rivolta verso di voi.
Fate quest'operazione su una teglia o un vassoio che può stare comodamente (e in piano!) nel vostro frigorifero.

Con un pennello pulito (possibilmente uno che utilizzate solo per questo tipo di lavorazioni), prelevate poco colorante alla volta e distribuitelo sulle foglie, insistendo sulle venature più in rilievo.




Nel frattempo sciogliete il cioccolato a bagnomaria e una volta sciolto aggiungete l'olio di cocco ed il sale.

Prendete un dolcetto alla volta e pucciatelo, dal lato che preferite (io ho intinto i culetti perché un po' rovinati dopo aver eliminato il pirottino), nel cioccolato fuso, fino almeno a metà della loro altezza.

Appoggiateli, dal lato del cioccolato, sulla foglia di verza spennellata di colorante metallizzato, avendo cura di distanziarli bene tra loro.

Metteteli in frigo e fateli solidificare per almeno una mezzora, ancora meglio un'oretta.

Trascorso questo tempo, staccarli dalla foglia sarà facilissimo e vi ritroverete con un effetto strepitoso, che lascerà a bocca aperta chiunque riceverà in dono questi deliziosi bottoncini.

O magari delizierete voi stessi con qualcosa di bello e buono, il che è sempre un'ottima idea. 
E non solo a Natale.  



domenica 27 agosto 2017

Ciambelline albicocca e camomilla //Delicata come un fiore, dolce come il miele


Era da un po' che volevo utilizzare la camomilla in un dolce.
Adoro il suo profumo intenso e confortante.
Ne ho fatto anche un estratto, con cui mi balocco mentalmente dall'anno scorso, ma che non avevo ancora avuto modo di valorizzare nel modo giusto.

Finché non sono incappata in una ricetta di Nigella Lawson -sì, lei è la mia preferita-, in cui non è presente la camomilla, ma che mi ha stuzzicata per l'uso particolare di un altro ingrediente che si sposa benissimo con il profumo di questi fiori: l'albicocca.

Vengo velocemente al dunque perché, anche se la ricetta non è per nulla difficile, la decorazione che mi sono inventata richiede qualche passaggio quindi, andiamo:


Per 24 ciambelline (12 grandi e 12 piccole)*:
  • 75gr di albicocche secche
  • 125ml di acqua
  • 1 cucchiaio colmo di camomilla per tisane (possibilmente quella intera, non la polvere delle bustine)
  • 100gr di farina di mandorle
  • 25gr di farina di mais (tipo Fioretto)
  • 1/2 cucchiaino di lievito
  • 50gr di zucchero
  • 25gr di miele d'acacia (o altri 25 di zucchero)
  • 3 uova
  • 1 cucchiaino di succo di limone
  • 1/2 cucchiaio di estratto di camomilla (o un liquore aromatizzato)
(*sentitevi liberi di raddoppiare le dosi se volete realizzare una torta)


Mettete le albicocche e la camomilla in un pentolino con l'acqua.
Portate a bollore finché l'acqua non sarà stata assorbita quasi del tutto.
Spegnete e lasciate raffreddare: il riposo permetterà all'acqua rimasta di essere assorbita completamente.

Una volta fredde, mettete la camomilla e le albicocche rinvenute in un mixer -quello con le lame- e frullate brevemente, fino a ridurre il tutto in una purea grossolana.
 
Aggiungete tutti i restanti ingredienti e frullate fino ad ottenere un composto omogeneo.
 
Trasferite in una sac à poche: lo so che pare pretenzioso, ma è l'unico modo che mi permette di non fare disastri mentre distribuisco l'impasto negli stampi. Ma siete liberi di utilizzare qualunque metodo vi sia più congeniale.

Cuocete a 180° per 15-20 minuti. In ogni caso fate la prova dello stecchino.
(Se optate per la torta, potrebbero volerci anche 40 minuti.)



Sfornate le ciambelline e lasciatele raffreddare.

E siamo finalmente arrivati alla parte divertente: la decorazione.
Procuratevi un pezzo di pluriball -sì, quello per imballare- e lavatelo accuratamente con del sapone neutro poco profumato e la parte non abrasiva della spugna: questo passaggio è inderogabile, mi raccomando!
 
Asciugate sommariamente e, se possibile, lasciate asciugare all'aria per qualche ora.

Nel frattempo preparate la “glassa”:
  • 150-200gr di cioccolato bianco
  • 1 cucchiaio di olio di cocco
  • un pizzico di sale
  • la punta di un cucchiaino di colorante alimentare naturale in polvere giallo (facoltativo)
  • miele millefiori montato* (facoltativo)
  • fiorellini edibili come quelli di basilico, melissa o altre aromatiche o della camomilla da tisana come quella usata nella ricetta (facoltativo)
  • polline (facoltativo)



(*Per realizzare il miele montato vi basterà sbattere del miele cristallizzato con le fruste elettriche fino a renderlo bianco e cremoso e non ci saranno più cristalli percettibili: questa tecnica è utilizzata anche dagli apicoltori per recuperare del miele “vecchio”. Il risultato è strepitoso e si evita di scaldarlo troppo -spesso il miele viene sciolto a bagnomaria per farlo tornare liquido- cosa che ne danneggia proprietà nutritive e organolettiche.) 

Sciogliete il cioccolato a bagnomaria con l'olio di cocco, il sale e il colorante -se usato-.

Appoggiate il foglio di pluriball su una placca da forno piatta o un vassoio che possa stare comodamente in piano nel vostro frigorifero.

A questo punto ci divertiamo: pucciate abbondantemente una faccia delle ciambelline nel composto di cioccolato bianco e poi appoggiatele sul pluriball.
Una volta “glassate” tutte le ciambelline, trasferite in frigorifero e lasciatele rapprendere per almeno una mezzora.



Una volta rassodate, non cercate di staccarle dal pluriball o rischierete di rovinarle: (parlo per esperienza!) prendete il foglio e giratelo sottosopra in modo da appoggiare il culetto delle ciambelline sul piano di lavoro.
 
A questo punto tirate via il pluriball dalle ciambelline, una alla volta, reggendole da sotto per facilitare l'operazione.
Una volta liberate, terminate la decorazione riempiendo qualche “alveolo” con del miele montato e cospargendole di fiorellini edibili e polline.

Se non vi va di imbarcarvi in questa impresa, glassate semplicemente le ciambelline con il composto al cioccolato e cospargetele con qualche fiorellino edibile o di camomilla e lasciatele raffreddare in frigo “a pancia in su”. 
E nessuno si lamenterà.

Già, perchè il bello di questi dolcetti non sta tanto nella decorazione, quanto nel sapore.
La decorazione anzi, è ispirata al sapore mieloso che albicocche e camomilla insieme riescono a creare.
Un abbinamento che vale la pena di tenere a mente e di esplorare in modo più approfondito.



Chiudo dicendo che vorrei dedicare questo post all'operosità delle api.
Ho letto che quest'anno, con tutti gli incendi che ci sono stati, ne sono morte tantissime.
Pessima notizia dato che sono già in pericolo a causa dell'uso smodato di pesticidi.
Questi minuscoli totem della fecondità sono i fautori della biodiversità e distribuiscono la vita di fiore in fiore, garantendo la continuità delle specie sul nostro pianeta.
Compresa la nostra.

E nel farlo producono qualcosa di tanto delizioso come il miele.
Dovremmo essere più grati a questi piccoli esserini. 
Ricordiamocelo la prossima volta che compriamo un barattolo di miele.

mercoledì 8 marzo 2017

Panna cotta alla barbabietola//se Proserpina fosse un dolce

Vi ricordate il mito di Proserpina?
Figlia di Cerere, dea agreste della natura e del raccolto, venne rapita da Ade, che se n'era innamorato, per farne la sua sposa e regnare negli Inferi con lui.

Non stento ad immaginarmi un Plutone cupo e fiammeggiante perdere la testa per una nivea, bionda -c'è da scommetterci- e zampillante di vita Proserpina.

Un raggio di sole in mezzo alla nera fuliggine dell'inferno.
Un germoglio fiorito tra le fredde scorie della morte.

Si, mi sento poetica in questo periodo.
Sarà la primavera imminente, o forse sarà un principio di schizofrenia, chi può dirlo.

Quello che so è che ci piacciono i contrasti.
Siamo attratti da quello che potrebbe completarci, qualcosa che ci sembra diametralmente opposto a noi, ma che proprio per questo in realtà ci somiglia.

Ma come al solito io divago e se questo fosse un blog di mitologia greco/romana -come la lotta- o di filosofia potrei anche aver trovato una vena proficua, ma se non ricordo male io mi occupo di cucina.
O per lo meno di provare a raccontarvi quello che faccio in cucina.

Quindi veniamo alla ricetta, per la quale, confesso, non ho preso ispirazione dal mito di Proserpina: è stato l'aspetto finale del dolce ad avermi portato riflessioni tanto platoniche.

L'ispirazione iniziale per la ricetta arriva in realtà da una vista su una rivista di cucina (Pannacotta alla barbabietola con spuma di limone- pag. 23 di Sale&Pepe di Marzo).
Ebbene sì, non sono sempre così originale.
Anche se a mia discolpa posso dire che era da un po' che volevo cimentarmi utilizzando la barbabietola in un dolce.
E una panna cotta, ricetta semplicissima imparata da bambina, mi sembrava perfetta.
Non ve l'avevo ancora proposta.
Chissà perché.
Ma rimedio subito.



Ingredienti per 4 persone:
*PER LA PANNA COTTA*:
  • 170gr di yogurt greco intero
  • 200ml di panna fresca
  • 1/2 barbabietola media (fresca, non già cotta!)
  • 45gr di zucchero semolato
  • 5 gr di gelatina in fogli
  • estratto di vaniglia (o 1/2 bacca di vaniglia, o un paio di cucchiaini di vaniglia in polvere. NON LA VANILLINA.PLZ.)
*PER LA GRANELLA*
  • una tazzina da caffè di riso nero (Venere: è qui la digressione potrebbe continuare ma...)
  • 2-3 cucchiai di zucchero di canna scuro (o malto di riso)
  • un cucchiaino scarso di olio di cocco
  • 30gr circa di cioccolato fondente tritato finemente
*PER LO SCIROPPO ALLA BARBABIETOLA*
  • 60gr di zucchero semolato
  • il succo di ½ limone
  • 1/2 barbabietola media (fresca, non già cotta!) pelata e tagliata a dadini
  • estratto di vaniglia (o 1/2 bacca di vaniglia, o un paio di cucchiaini di vaniglia in polvere. NON LA VANILLINA.PLZ.)
*PER LE GHIRLANDE DI CIOCCOLATO* (facoltativo)
  • 70gr di cioccolato fondente
In un pentolino scaldate la panna con l'estratto di vaniglia e lo zucchero.
Mettete a bagno la gelatina in fogli in poca acqua fredda.
Nel frattempo pelate e grattugiate la barbabietola (mettetevi i guanti...) ed estraetene il succo strizzandone la polpa ottenuta tra le mani.

In una ciotola (meglio ancora una bella brocca di pirex capiente) lavorate lo yogurt con una frusta.
Quando la panna avrà quasi raggiunto il bollore, spegnete ed aggiungete la gelatina in fogli ammollata e strizzata. Mescolate fino a farla dissolvere.

Versatela lentamente sullo yogurt, continuando a mescolare.
Aggiungete il succo della barbabietola (ma non è obbligatorio, anche perché in questa preparazione funge quasi esclusivamente da colorante) ed incorporate tutto alla perfezione.
Per scrupolo ho preferito filtrare il composto ottenuto, in questo modo mi sono assicurata che non ci fossero pezzetti di gelatina non sciolta o grumetti di yogurt, ma non è fondamentale.

Trasferite in 4 stampini di alluminio bagnati (La leggenda narra che dovrebbe aiutare quando le si sforma. Ma non ci contate troppo. Però fatelo lo stesso.) e trasferite in frigo per almeno 6 ore.

Eh già, vi conviene farlo al mattino per la sera. O ancora meglio il giorno prima.
Sorry.

Nel frattempo occupatevi della granella di riso venere.

-E qui una piccola parentesi (...ormai mi conoscete): questa ricetta è stata un po' sperimentale. Voleva essere un esercizio di stile per l'abbinamento di sapori e per l'impiattamento, sui quali avevo fantasticato non poco. Ma in realtà si è un po' trasformato in un esperimento in evoluzione, e mi sono accorta che avrei dovuto aggiustare il tiro in corsa quando sarebbe stato il momento di spiegarvi tutte le fasi di lavorazione.


In particolare con il riso che dopo la cottura in acqua e la tostatura in forno, è finito per risultare un po' troppo “al dente”.
Quindi le cose sono due: avrei dovuto cuocerlo di più in acqua all'inizio, o meno successivamente in forno, rischiando però di ritrovarmi con una granella croccante, che croccante non è?

Ragionandoci ho optato per suggerirvi la prima: in questo modo il riso avrà la possibilità di ammorbidirsi bene con la cottura in acqua e di diventare croccante ma non troppo duro durante la tostatura in forno.

Proseguiamo.
-

Cuocete il riso in 3 tazzine di acqua (usando la stessa tazzina che avete utilizzato per misurare il riso) con un pizzico di sale.
Cuocete con il coperchio finché il riso non avrà assorbito tutta l'acqua.

Una volta cotto lasciatelo raffreddare. Nel frattempo preriscaldate il forno a 170°.
Una volta freddo, mescolate il riso con lo zucchero di canna e l'olio di cocco.
Distribuite uniformemente su una teglia foderata con carta forno e tostate per una ventina di minuti circa, o finché non vi sembrerà croccante.

Lasciatelo raffreddare completamente prima di decidere cosa farne: potreste frullarne una parte per realizzare la granella e tenerne da parte qualche “agglomerato” come decorazione.
Io ho preferito frullarlo tutto, ma a voi la scelta.
Unite alla granella realizzata il cioccolato tritato e mettetela da parte.

Nel frattempo preparate lo sciroppo alla barbabietola.
In un pentolino scaldate lo zucchero con il succo di limone, la vaniglia e un cucchiaio d'acqua.
Fate caramellare fino renderlo dorato e aggiungete la barbabietola a dadini.
Fate cuocere una decina di minuti o finché la radice non avrà rilasciato i suoi succhi, creando uno sciroppo e i dadini non sembreranno canditi. Se necessario aggiungete poca acqua per allungarlo anche se dovrà comunque risultare piuttosto denso.


-Altra digressione: non protraete troppo il tempo di cottura dello sciroppo, soprattutto se volete mantenerne brillante il colore. Non fraintendetemi, il gusto è ottimo, ma avrei preferito che la tonalità finale fosse meno amaranto e più magenta...
(Cosa che avrei potuto ovviare aggiungendo dell'altro succo di barbabietola a fine cottura. Ma mi è venuto in mente solo ora.)

Che fatica essere una cuoca che ha fatto studi artistici affetta da pignoleria cronica ereditaria
...-

E avremmo anche finito. Se volete sapere come ho realizzato la ghirlanda di cioccolato vi rimando al mio video di Instagram: fate prima a vederlo che io a spiegarvelo a parole.

Impiattate sformando la panna cotta (per agevolare l'estrazione, lasciate gli stampini a bagno in acqua calda per qualche secondo) sui piatti scelti, circondate da un lato con la granella, appoggiate sull'altro la ghirlanda di cioccolato, se la usate, e terminate con lo sciroppo e qualche dadino di barbabietola.

Se vi piace l'idea, decorate con qualche fiorellino edibile e suggerite ai vostri amici più scettici che si tratta di un dolce per celebrare questo particolare periodo dell'anno, quando la primavera inizia lentamente a farsi spazio nel grigiore dell'inverno.
Se proprio non sono convinti, ditegli che questo dolce si chiama “il ritorno di Proserpina”, o se siete particolarmente romantici “il commiato di Proserpina”.

Chiudo lasciandovi con la prova d'assaggio di questo dolce, che nonostante qualche piccolo difetto facilmente rimediabile, mi ha lasciata particolarmente soddisfatta e incarna perfettamente lo spirito che si respira in questi giorni che precedono l'esplosione della stagione primaverile.


L'aroma terroso -in senso positivo- della barbabietola si sposa molto bene con la leggera acidità della panna cotta allo yogurt, la cui consistenza è esaltata dalla granella di riso, che trovo valga tutta la ricetta e che merita di essere utilizzata anche in altre preparazioni: il sapore ricorda vagamente la nocciola, ma con l'avvolgenza al palato dell'amido. Curioso, insolito ed intrigante.

Se poi non avete mai provato il connubio cioccolato-barbabietola, fatelo: il cioccolato è un buontempone e va d'accordo un po' con tutti; con quel suo gusto amaro quasi sapido, riesce a fare da contrasto in modo perfetto, mettendo in risalto tantissimi sapori in modo eccelso, proprio come un fondo nero esalta i colori accesi e rende vibrante la luce.
-Pensate ai quadri di Caravaggio.-

Nel caso della barbabietola però trovo che più che un'esaltazione per contrasto ci sia un'armonia di tonalità basse e cupe, come un gorgheggio baritonale: l'amaro del cioccolato tiene testa all'aroma particolare della barbabietola, creando una ricchezza gustativa che non può che farmi pensare alle gemme nascoste nel sottosuolo, di cui Ade è signore e padrone.

In ogni caso, come già detto, ci piacciono i contrasti, nella vita e in amore, così come in cucina.
E questo dolce ne è un esempio perfetto.

Se decidete di prepararlo, non dimenticatevi di pensare alla bella Proserpina, che in questi giorni si prepara a tornare tra le braccia della Madre, che per la felicità farà sbocciare tutti i fiori e germogliare i campi.
Ma anche ad Ade, che passerà solo i prossimi mesi, lontano dall'amata, seduto sul suo nero scranno in attesa del momento in cui potrà riabbracciarla, gli ultimi giorni di settembre.

-Sarà per questo che l'autunno è la mia stagione preferita?-



martedì 6 dicembre 2016

Biscotti per tutti//la democrazia della semplicità


Quando cerco di spiegare a delle persone da poco conosciute come sto provando a fare di questa passione un lavoro -gesticolando più del necessario e sforzandomi di darmi una patina di professionalità- molti si entusiasmano e cominciano a farmi mille domande su ingredienti o ricette che non gli sono venute o gli piacerebbe provare.

Ma appena inizio a snocciolare termini e competenze, impegnandomi nel cercare di capire e risolvere il problema del mal capitato, spesso vengo trafitta da sguardi smarriti, confusi o, spesso, che nascondono una delle tante verità dei rapporti interpersonali: “Ma io veramente avevo chiesto per gentilezza. I ravioli cinesi li ordino al cinese. Questa me sta a raccontà la costruzione della muraglia...”

Per fare un esempio a caso.

Solo poche anime pie, gemelle per elezione, mi ascoltano provando la stessa curiosa attenzione che ci metto io mentre leggo, guardo, sperimento nella mia cucina, o ascolto a mia volta.

Alcune delle chiacchierate più belle che mi sono fatta erano con persone appassionate di cibo come me.


La colpa è mia, lo so.
Ma che ci posso fare se sono innamorata?

Ok, il mio voto di fare post più brevi sta già andando a farsi benedire, come molti altri voti fatti in precedenza nella mia ormai non più tanto breve vita.
Ma seguitemi, tutte queste chiacchiere hanno un senso.

Volevo proporvi una ricetta semplicissima e duttile.
Una di quelle che non potete dirmi “che sbatti” perché è veramente facile e in più potete trasformarla come più vi aggrada.
*Bonus: potete tenere questo tronchetto della felicità in freezer e usarlo di volta in volta, quando ne avete bisogno.

No, non è un progetto DIY per casalinghe annoiate e insoddisfatte.
Per quello ci sono strade meno ghiacciate.

Parlo di una delle tante Gioie della Frolla.

Questi sono i biscotti più semplici che mi vengono in mente e come tutte le cose semplici...buoni da morire.


E dato che una delle cose che mi da più gioia in assoluto è sapere che qualcuno ha provato una delle mie ricette, che gli è venuta bene e che gli è piaciuta...vorrei poter allargare il più possibile il raggio di probabilità che qualcuno di voi ci provi e abbia successo.

E va bene anche se non me lo dite.
Resterà un segreto tra voi e il tronchetto.

Veniamo alla ricetta:
  • 200gr di farina 00
  • 100gr di zucchero (in questa ricetta ho usato quello di canna grezzo, ma va benissimo quello normale)
  • 100gr di burro freddo
  • 1 uovo
  • una presa di sale
  • aroma a piacere (io ho usato della scorza d'arancia: ma limone, vaniglia -perfavorenonlavanillina-, cannella...avete capito!)
-facoltativi-
  • una manciata di noci pecan tritate (o altra frutta secca. Dai, lo sapete)
  • circa 30gr di cioccolato fondente a scaglie (...o al latte o...e via così)

Per dimostrarvi che questi biscotti sono una cavolata da tirare insieme IN OGNI CONDIZIONE li ho preparati in montagna: in questa adorabile casettina c'è tutto...ma di certo non i miei attrezzi da fighetta o il forno elettrico con la regolazione di temperatura millimetrica.



Ciotola, cucchiaio di legno e un forno a gas ormai in età adolescenziale.
La cosa più tecnologica che ho usato è stata una bilancia, che per i dolci è un passaggio inderogabile.

Mettete la farina e il burro freddo a tocchetti in una ciotola.
Aggiungete il sale, la scorza d'arancia (o altro) e, con le mani fredde -lo dico, perché le mie sono praticamente sempre a 45° e per questa operazione non va bene- lavorate il burro nella farina, facendo il gesto universale per indicare i soldi.

In alternativa usate una forchetta.
Ma non sarà altrettanto remunerativo...
Ba-dum-tish.

Per vostra informazione, se mai vi venisse voglia di usarlo in un discorso tra amici -me lo immagino- il termine esatto per questa operazione è sabbiatura.

Ma vedo già le vostre pupille cercare rifugio dentro al cranio, quindi proseguiamo.

Una volta “dissolto” sommariamente il burro nella farina, aggiungete lo zucchero e gli altri ingredienti solidi -cioccolato e noci- mescolate con un cucchiaio per distribuire tutto uniformemente e poi aggiungete l'uovo, precedentemente sbattuto.



Aiutandovi con il cucchiaio di legno mescolate fino ad ottenere un impasto slegato.

Trasferite sul piano di lavoro e impastate brevemente con le mani, con un movimento raccolto, senza gli slanci di quando fate la pasta all'uovo o il pane.
-fate la pasta all'uovo o il pane?-

Date all'impasto una forma cilindrica, rotolandolo sul piano di lavoro e avvolgetelo nella pellicola trasparente a mo' di caramella -tipo Rossana-.
E avreste anche finito.

Ma se volete provare a dargli una forma più regolare potreste avvolgerlo in uno di quei tubi della carta casa, aperto per la lunga e fissato con degli elastici.
Mantiene di più la forma quando lo congelate, ma...non illudetevi di avere dei biscotti alla Giotto dopo la cottura.

Buttate in freezer per almeno 6 ore, ma io vi consiglio di farlo la sera, andare a nanna e di riparlarne il giorno dopo.

Quando siete pronti tagliate delle fette -togliendo cartoncino e pellicola...ve lo dovevo dire?- spesse almeno mezzo centimetro, anche se più spesse sono meglio è, e rimettete in freezer ciò che non usate, per future incursioni.



Disponeteli su una teglia foderata con carta forno, distanziandoli bene, e cuocete in forno caldo a 180° per 10-12 minuti, o finché sono belli dorati.

Lasciateli raffreddare in modo da farli diventare croccanti, e...voilà, ecco i biscotti più semplici che potevo proporvi.

Come sempre vi devo dare il consiglio in più, è più forte di me: se volete potete aggiungere un ½ cucchiaino di lievito per dolci all'impasto, se gradite che i vostri biscotti risultino meno “densi” e più friabili.

Ma io personalmente li adoro così.
Semplici e assolutamente deliziosi.

Andate a farvi una tazza di the, o ancora meglio, un bel bicchiere di latte.
Se poi vi scappa un piccolo moto di gratitudine mentre ne addentate uno...prego, non c'è di che.

venerdì 12 febbraio 2016

Questo post non è di San valentino//come salvare delle banane troppo mature


Lamponi, fragole, ciliegie, frutto delle paSSSSione (tutto rigorosamente #fuoristagione), panna, cioccolato, cioccolato in ogni sua declinazione.

EBBASTA.

Ma una bella banana, che non ha mai fatto male a nessuno, ce la vogliamo mettere!?

Quest'anno niente fiori, niente cuoricini, toglietevi quegli occhialetti rosa che ormai sono passati di moda e passate al lato oscuro.

Come le mie banane....povere.

In realtà sono tonta io che ne compro ottantacinque chili in vena salutista e poi me le scordo nel cesto della frutta.
E loro che fanno? Giustamente, da gaie e gialle, diventano tristi e nere, tanto che se siete nelle vicinanze quando sono ormai in quelle condizioni, le sentirete lamentarsi, spandendo effluvi troppo maturi per passare inosservati.

Questa dinamica si ripete spesso e volentieri a casa mia, tanto che ormai le ho provate più o meno tutte per cercare di salvare queste poverine da fine certa.

Un metodo è congelarle: sbucciate a tocchetti in un sacchettino.
Come base per il frullato della colazione sono perfette.

Ma non siamo mica qui a congelare banane.


No, anzi, per la precisione siamo qui per caramellare del burro.

Un paio di anni fa ho provato a realizzare dei biscotti al burro nocciola e...oh, hey. 
Che bomba.

Non avrei mai pensato che un dettaglio tanto piccolo potesse fare così tanta differenza in termini di sapore. Per farvi capire cosa intendo vi riporto la descrizione calzante di uno dei miei corsisti in merito a questo ingrediente: "Sa di biscotto appena sfornato".
Non avrei saputo dirlo meglio. 

E' questo che fa il burro nocciola, dà alle cose a cui lo si aggiunge un immediato aroma di tostato/caramellato che ricorda la parte più cotta dei biscotti.
E credo che questa descrizione sia sufficiente a convincervi che vale la pena di provare a farlo e ad usarlo.

Da questo ingrediente prende spunto tutta la ricetta dato che, come insegna Marlon Brando, partire da un po' di burro è sempre un'ottima idea...



Per circa 100gr di burro nocciola:
fate a tocchetti un panetto da 125gr e fatelo sciogliere lentamente, a fuoco molto basso, in un pentolino dal fondo spesso (questo è fondamentale, altrimenti il vostro burro brucerà e basta...). Fate "cuocere" finchè non si creerà un fondo color caramello: per verificarlo, spostate di lato il pentolino o aiutatevi con un cucchiaio.

A questo punto toglietelo IMMEDIATAMENTE dal fuoco e versatelo in una cocottina resistente al calore foderata di carta forno. Lasciate raffreddare a temperatura ambiente e poi riponete in frigorifero a solidificare.
Una volta solidificato potrete avvolgerlo nella cartaforno usata per foderare la cocottina e tenerlo in frigorifero per quando vi serve.

Per chi si fosse già cimentato nella preparazione del burro chiarificato sarà più facile capire questo procedimento: invece che eliminare la schiumetta bianca che si forma quando si scioglie il burro (la parte di "latte" che resta intrappolata nel grasso), la si fa letteralmente friggere e "caramellare" per ottenere il sapore che decantavo.


Ma, mettete da parte il burro per un momento, che vi spiego cosa si è inventato il mio cervello perverso: invece del solito banana bread tipo plum cake con uova zucchero e burro, ho voluto prendere il nome di questo dolce alla lettera facendo un pane vero e proprio, con la banana come base.
Se vi ricordate il mio pane alla zucca di ormai un paio di anni fa, avrete capito da dove ho preso l'idea.

Non pensate che il mio sia un esperimento bislacco, ho alle spalle anni di recupero di banane sfrante che mi hanno portato ad ideare questa ricetta. 
Fidatevi di Celeste...

Nei miei vari salvataggi, sono incappata in diversi abbinamenti per esaltare questo frutto dal sapore non proprio amato da tutti, uno dei quali mi ha letteralmente fatto impazzire tante sono le volte che ho provato a realizzarne la versione perfetta: banana, caramello, arachidi...e vaniglia. 
Tanta vaniglia. 
E burro nocciola, ovviamente.
Il burro nocciola tiene insieme tutti quanti, dal sale delle arachidi al fruttato della banana.
Questi sapori si esaltano a vicenda, lavorano in sinergia e funziona, per me funziona alla grande.


Ma bando alle ciance che ho cianciato anche troppo:
  • 300gr di farina Manitoba (o farina forte 260W tipo questa )
  • 5gr di lievito secco
  • 3 banane semi svenute
  • 2-3 cucchiai di zucchero di canna tipo Dulcita
  • 2 cucchiai del nostro burro nocciola (circa 30gr) sciolto
  • 3 cucchiai di latte in polvere (facoltativo)
  • circa 70ml di latte tiepido
  • 1/4 di cucchiaino di sale fino
  • 150gr circa di dulce de leche
  • 50gr di cioccolato bianco tritato (o gocce di cioccolato bianco)
  • 50gr di arachidi (meglio se salate e tritate grossolanamente)
  • una stecca di vaniglia
La primissima cosa da fare è sbucciare le banane, tagliarle a metà per la lunga, disporle su una teglia foderata con carta forno, cospargerle di zucchero di canna e metterle sotto il grill, preferibilmente in forno ventilato, per una decina di minuti o finchè non iniziano a caramellare e si asciugano un poco.
Se non riuscite a tagliare le banane a metà perchè troppo molli (azz...) lasciate pure che si accascino naturalmente sulla teglia e poi procedete come già descritto.


Una volta pronte e raffreddate, schiacciatele con una forchetta fino ad ottenere una purea il più possibile omogenea. Unite il latte in polvere se usato (a me piace aggiungerlo perchè dà un sapore più "cremoso" e vanigliato all'impasto finale e aiuta ad assorbire un pochino l'umidità delle banane), e i semini della stecca di vaniglia.
Nel frattempo scaldate il latte e mettete la stecca di vaniglia privata dei semi ad infondere: qui non si butta via niente.

Fate sciogliere il lievito in circa la metà del latte tiepido (il resto potrebbe servirvi durante la lavorazione) e unitelo al composto di banane in una ciotola capiente, tipo quella dell'impastatore, aggiungete la farina, il burro fuso, il sale e iniziate a lavorarlo con l'apposito gancio, oppure con un cucchiaio di legno e poi direttamente a mano sul piano di lavoro.

Lavorate finchè non si formerà una palla liscia ed elastica.
Se necessario aggiungete altro latte, anche se è più facile che dobbiate aggiungere della farina (se vi avanza il latte alla vaniglia, fatevi un cappuccino: il migliore della vostra vita), dato che la presenza delle banane nell'impasto lo rende piuttosto umido.

Coprite la ciotola con della pellicola e lasciate lievitare in un luogo caldo al riparo da correnti d'aria per almeno 2 ore.


Rispetto al pane alla zucca dal quale è tratta questa ricetta, usare le banane nell'impasto, rende tutto un po' più complicato in termini di precisione su quantità e tempi: tanto dipende dalla grandezza delle vostre banane, che potrebbero rendere l'impasto più o meno umido, e dal grado di maturazione che, a seconda della quantità di zuccheri, può influire sulla lievitazione.

Quindi, in questo caso, le dimensioni contano, e non solo quelle.

Una volta raddoppiato di volume riprendete il vostro impasto, e qui una cosa divertente: quando toglierete la pellicola, quasi sicuramente sarete investiti da un profumo fruttato/vanigliato leggermente alcolico.
Da ficcarci la faccia.

Rovesciate il vostro impasto sul piano di lavoro infarinato e stendetelo delicatamente con le mani o con l'aiuto di un mattarello, fino a formare un rettangolo.

Nel frattempo, in un pentolino, scaldate il dulce de leche per renderlo spalmabile, e se fossi in voi ci farei scivolare dentro una noce o due di burro nocciola...ma è solo un suggerimento.
Una volta ammorbidito , stendetelo (TIEPIDO) in modo uniforme sull'impasto lasciando liberi i bordi. Cospargete con buona parte delle arachidi e del cioccolato bianco, tenendone da parte una piccola manciata di entrambi per la finitura.


Il resto è storia.
Nel senso che il procedimento che ho usato è identico a quello del pane alla zucca, che vi riporto per correttezza e onore di cronaca.

Realizzata la treccia, trasferitela in uno stampo da plum cake o, se volete un aspetto più rustico, direttamente su una placca da forno.
Spolverate con le arachidi e il cioccolato avanzato, coprite con della pellicola, e lasciate lievitare per un'altra oretta circa.

Passato questo tempo, cuocete a 200° per circa 20 minuti, e poi altri 25-30 minuti a 180°...e poi fidatevi del vostro istinto.
Essendo un impasto molto umido e dolce con un ripieno altrettanto umido e dolce, ho preferito protrarre la cottura (coprendo il pane con dell'alluminio per l'ultimo quarto d'ora ) spingendomi fino ai 50 minuti totali, mantenendo la temperatura più bassa per evitare che si colorisse troppo.

Una volta sfornato, lasciatelo raffreddare per una decina di minuti poi sformatelo e lasciatelo raffreddare completamente su una gratella prima di tagliarlo.



Dopo tutta questa fatica, vorrete darglielo un assaggio...

L'impasto è soffice, quasi non si avverte la banana, ma si percepisce invece un aroma fruttato e tostato che lascia un po' spiazzati, poco dolce, ma perfettamente bilanciato dal ripieno al caramello, reso ancor più ricco e opulento dal cioccolato bianco e dal contrasto prontamente offerto dal salato croccante delle arachidi.

Io lo adoro.

Queste banane non potevano fare una fine migliore.