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domenica 30 dicembre 2018

Pane di semi // Si sta come d'autunno gli ormoni alla mia pelle

Che titolo del menga.
Sì lo so che lo state pensando.
Ma provateci voi a sdrammatizzare quando vi ritrovate con l'acne alla veneranda età di 33 anni.

Chi mi segue su instagram o facebook, sa che ho iniziato un corso per diventare pasticcera professionista (prometto di postare qualche ricetta più cicciosa prima possibile!) e insieme all'eccitazione per gli orizzonti che questa nuova attività mi spalanca davanti, si è rifatta viva anche la mia amata amica che comincia con la A.

Combatto con questo problema da quando ne ho 24 e vi assicuro che le ho provate tutte: integratori, pillola, antibiotici, isotretinoina, creme di tutti i generi, alimentazione...ma inevitabilmente, puntualmente ed inesorabilmente, questo disturbo torna sempre a farsi vivo.

Per mia somma letizia, come potete ben immaginare.

Da tempo, grazie a lei, ho rinunciato a latte e derivati, dato che ho notato un aggravarsi del problema quando mangio queste delizie (sigh!), oltre che di farine e zuccheri raffinati.

Interessante per un'aspirante pasticcera come la sottoscritta...

Scherzi a parte, in realtà sono ormai abitudini che ho preso e che, pelle a parte, mi fanno stare meglio anche a livello fisico.
Quindi non le abbandono, anche quando la mia pelle si comporta bene.


...che non è proprio quello che sta combinando adesso.
Ma probabilmente perché ho smesso da poco di prendere la pillola -effetti collaterali a lungo termine, anyone?- , o almeno è quello che cerco di ripetermi mentre prenoto l'ennesima visita dalla dermatologa.

Il che ci porta -finalmente- alla ricetta che volevo proporvi.

Con l'intenzione di smetterla di farmi di ormoni sintetici, ho iniziato a fare un po' di ricerchine e mi sono imbattuta in questo post.
Se non vi va di leggerlo tutto, compresi i vari link contenuti, temo di dover spendere due parole per provare a spiegarvi cos'è il "seed cycling" (che non so bene come tradurre in italiano) di cui si parla, e mi piacerebbe tanto farlo senza sembrare un'invasata, anche se ho la brutta sensazione che sarà un'ardua impresa...

In ogni caso: è una pratica che si riferisce al consumo, durante le diverse fasi del ciclo, di determinati semi che, grazie ai grassi 'buoni' e le sostanze nutritive che contengono, dovrebbero andare a supportare il sistema riproduttivo femminile, aiutando il corpo a riportare in equilibrio l'assetto ormonale.

semi di lino e di zucca per la fase follicolare (1°-14°giorno), semi di sesamo e di girasole per la fase luteale (15°-28°giorno)

Ho trovato la cosa estremamente interessante e, se la cosa interessa anche a voi (mi dispiace per i maschietti (???) che mi leggono), vi consiglio di provare e vedere se la cosa per voi funziona, sempre ammesso che ne abbiate bisogno.

Come tutti questi rimedi naturali, anche questo ha bisogno di tempo per fare effetto, e il mio consiglio è di provare per almeno 3 mesi: OVVIAMENTE non vi sto dicendo di buttare dalla finestra le vostre cure ormonali (se le state facendo), o non ascoltare il consiglio del vostro medico, ma solo di provare a sostenere il vostro sistema endocrino anche in maniera naturale.

E ve lo dico perché, nonostante tutto, sono per l'ennesima volta sotto antibiotico. 
Quindi, si vedrà nel tempo. Spero. Intanto, male non mi fa.

Siete ancora con me? Spero di sì.

Qualche settimana dopo aver letto di questa pratica, ho sfiorato con la coda dell'occhio quest'altra ricetta, e ho realizzato come potevo sfruttare le informazioni che avevo a mia disposizione nella maniera più comoda per la sottoscritta e, spero, anche per voi.


Se può farvi comodo l'ho acquistato qui.

Prima di arrivare alla ricetta (dio che fastidio che sono, vero?) vi vorrei presentare un altro componente del gruppo che andremo ad assemblare: la polvere di psillio.

Andatevi pure a leggere le varie proprietà di questo seme se vi va, ma vi anticipo che è una fibra (un prebiotico) vegetale che assorbe i liquidi, diventando gelatinosa.
Oltre a farvi fare tanta cacca (questo post mi sta totalmente sfuggendo di mano), la sua particolare consistenza ci aiuterà a legare tutti i semi e i cereali che andremo ad utilizzare.

Una farina che non è una farina, insomma.

Infatti, oltre a fornirci le preziose proprietà dei semi di cui vi ho parlato, questo "pane" è fantastico se cercate di limitare il consumo di carboidrati e più in generale mantenere la glicemia sotto controllo.

Ma ok, vengo alla ricetta finalmente:

  • 130gr di semi di zucca (o girasole)
  • 65gr di semi di lino macinati, meglio se al momento (o di sesamo)
  • 65gr di nocciole intere (o mandorle, o altra frutta secca a piacere)
  • 150gr di fiocchi d'avena grandi (100 in fiocchi e 50 di porridge se non usate i semi di lino)
  • 2 cucchiai (circa 30 gr) di semi di chia
  • 3 cucchiai di polvere di psillio (4 se usate la cuticola intera)
  • 1 cucchiaino scarso di sale
  • 1 cucchiaio abbondante di miele (o malto d'orzo)
  • 3 cucchiai di olio di cocco (o semi o e.v.o. delicato)
  • 300ml di acqua



Pesate tutta la semenza in una ciotola, con il sale e la polvere di psillio, dosate tutti i liquidi, compreso l'olio, in una brocca e quando avete fatto, unite il tutto.
Mescolate velocemente per amalgamare bene e non distraetevi: la polvere di psillio si reidrata piuttosto in fretta e se non mescolate bene subito vi si creerà una malloppa disomogenea che farete fatica a gestire.
True story folks.

Ungete uno stampo da plumcake con poco olio e trasferiteci lo gnocco di semi che si sarà materializzato nella vostra ciotola.
Compattatelo bene e lisciatelo con una spatola: non avendo nessun tipo di agente lievitante, il vostro mattoncino resterà si e no identico a come lo vedete ora, quindi decidete che forma volete che avrà una volta cotto.
Io non giudico. 

Copritelo con la pellicola e lasciatelo riposare almeno 2 ore. L'ideale sarebbe una notte e avendo provato entrambe le tempistiche, vi confermo che una notte sarebbe meglio: semi e cereali si reidratano a fondo (e così diventano anche più digeribili) cosa che migliora la consistenza finale del pane.

Una volta che sarà reidratato a dovere, infornate il pane a 200° per una mezz'ora, dopo di che vi consiglio di sformarlo (con cautela) e cuocerlo un'altra mezz'ora abbondante senza stampo e a sedere per aria in modo che si asciughi bene anche sul fondo, se vi sembra che si sia scurendo troppo, abbassate la temperatura a 180-175°.


Sfornate e lasciate raffreddare completamente prima di tagliarlo.
Questo pane è piuttosto umido e si conserva per una decina di giorni al massimo se lo ritirate in un sacchetto di carta per alimenti, ma vi consiglio di farlo a fette e tostarlo in forno già dopo una settimana, e vi dirò: trovo che tostandolo diventi ancora più sfizioso, grazie a tutti i semi che contiene.

Non aspettatevi la consistenza di una pane lievitato, soffice e croccante allo stesso tempo, però. Se posso fare un paragone assomiglia molto al pane di segale norvegese: umido, quasi appiccicoso, denso e dolciastro ma con il plus dei semi e della frutta secca, che per un scoiattolo come me, sono sempre una gradita aggiunta.


Se siete un po' chipmunk anche voi, non farete fatica a far diventare questo pane il nuovo supporto per infinite cicciosette variabili.
Inizialmente lo utilizzavo quasi esclusivamente per la colazione, con burro di mandorle, miele, marmellata o frutta fresca...o con una crema spalmabile al cioccolato...

Poi ho deciso di provarlo anche con il salato, e devo dire che con certi abbinamenti non si rimpiange il normale pane bianco, anzi: con del salmone marinato (o affumicato) per esempio, oppure con dello speck o della bresaola è la morte sua. Vi direi anche con del caprino all'erba cipollina, ma anche solo nominarlo ormai mi commuove. 
...troppo tardi.




venerdì 15 giugno 2018

Gelato 'furbetto' al cioccolato // Quel che le banane non dicono




Le banane sono un frutto che non stimola particolarmente il mio istinto culinario, devo ammetterlo.
Le compro perché a casa mia fungono da base per le mie bowl mattutine, mentre l'orso bianco che vive con me, le consuma solo quando poco mature, o al massimo in godzillani frappé di latte, spesso arricchiti da qualche pallina di gelato...

Ma non sempre avviene tutto ciò, anzi, spesso le povere banane restano nella fruttiera, a ricordarmi che sono una consumatrice distratta, nonostante tutte le mie buone intenzioni.

Ecco quindi che se non decido di fare un banana bread (che se non gronda di cioccolato non viene nemmeno considerato dal mio orso polare domestico...), vengono fatte a tocchetti e congelate per i suddetti utilizzi.

Sta di fatto che a volte, ormai occultate nel mio freezer -zeppo al limite del legalmente consentito-, vengono dimenticate...di nuovo.

Ecco quindi che questa ricettina, che poi non è nemmeno una ricetta, viene in mio soccorso.
O più che della sottoscritta, delle povere neglette banane.  


Mentre cercavo di fare una foto decente il mio 'gelato' ha iniziato a sciogliersi: la consistenza a cui dovete ambire è leggermente più sostenuta di questa, dove si riesce ancora a vedere chiaramente la struttura a vortice lasciata dalle lame.

Per circa 4 porzioni abbondanti:
  • 300gr circa di banane congelate a tocchetti
  • 2 cucchiai abbondanti di cacao (30gr circa)
  • 120ml circa di yogurt (io ho utilizzato quello di cocco)
  • un cucchiaino di estratto di vaniglia
  • un pizzico di sale
  • 2-3 cucchiai di burro di mandorle tostate o arachidi (facoltativo)
  • arachidi salate tritate grossolanamente per servire (facoltativo) 

La cosa fondamentale per questa preparazione è un robot da cucina decente (mixer, o come volete chiamarlo), se avete un buon frullatore con il quale riuscite a realizzare anche delle polveri o creme dense senza che si ingolfi o giri a vuoto, andrà benissimo anche quello.

Mettete le banane a tocchetti, il cacao, lo yogurt e l'estratto di vaniglia nel mixer e iniziate a frullare con la funzione 'pulse' fino ad ottenere un composto grossolano.
Se usato, aggiungete il burro di mandorle e il sale.



Quindi frullate fino ad ottenere un composto denso e omogeneo, ma non esagerate o le banane si scongeleranno del tutto e vi ritroverete con più di mezzo litro di frullato...e non ve lo auguro proprio.

Trasferite in un contenitore adatto al freezer, meglio se di metallo, ma anche un tupperware a chiusura ermetica andrà benissimo.
Trasferite in freezer e lasciate riposare per circa un'oretta (ma anche una mezz'ora è sufficiente).

Servite come un normale gelato, con tutti i cotillons che preferite. 
Io ho utilizzato le arachidi salate perché trovo che siano il giusto contraltare al connubio banana-cioccolato, ma non fatevi condizionare.

L'aggiunta del burro di semi non è fondamentale, anzi, è più facile che mi capiti di realizzare questa ricetta senza, ma vi consiglio di provarlo perché aumentando l'apporto di grassi alla struttura, si rende il prodotto finale più cremoso e senza dubbio più goloso e indulgente, pur restando in zona 'senza sensi di colpa'...o quasi. 

Se non lo consumate tutto subito (cosa che però vi consiglio, piuttosto riducete le dosi), potete ricongelarlo, ma non lasciatelo languire in freezer per troppo tempo, dato che tende a cristallizzare e a prendere un sapore poco gradevole. 

Come faccio sempre, vi invito a sperimentare con questa tecnica: usando come base le banane congelate potete realizzare un'infinità di varianti e ricordate che meno sono mature meno sapore lasceranno al gelato che risulterà più neutro, cosa interessante se volete sperimentare gusti delicati, ma probabilmente dovrete aggiungere del miele o altro per ottenere il giusto grado di dolcezza.

Oso dirvi che questo 'gelato' ha ottenuto l'approvazione da parte del divorate di gelato più accanito che io conosca. Non dico che lo preferisca a quello tradizionale (andiamo su, non lo pretendo nemmeno da me stessa!), ma lo ha scofanato più che volentieri, e vi assicuro che è quasi un evento epocale! 

Quindi provatelo, e fatemi sapere se anche la fauna di casa vostra gradisce.


lunedì 5 febbraio 2018

Lievitazione lenta // Le cose migliori richiedono tempo




Per natale mi è stato regalato un libro sul pane "senza impasto" e questa ricetta è ripresa quasi pedissequamente da questo.
Si tratta di un impasto realizzato molto velocemente, lavorato pochissimo e lasciato a lievitare dalle 12 alle 18 ore.

La cosa interessante di questo modo di fare il pane è che si usa pochissimo lievito, lasciando che sia il tempo a fare tutto il lavoro, cosa che rende questo lievitato molto più digeribile -oltre che di lunga durata-.

Ma, al di là della praticità e dei benefici per la salute, il risultato finale è a dir poco sbalorditivo.
La prima volta che ho sfornato questo pane ero estasiata dalla croccantezza della crosta e dall'alveolatura della mollica: non riuscivo a credere di averlo fatto io, nel mio forno di casa.

Quindi lo condivido con voi:
  • 400gr di farina Manitoba (io ho utilizzato 250gr di Manitoba e 150gr di semola rimacinata di grano duro)
  • 300ml di acqua a temperatura ambiente
  • 1 cucchiaino di malto d'orzo (facoltativo, ma dà al pane una fragranza irresistibile)
  • 1 cucchiaino e 1/4 di sale
  • 1/2 cucchiaino di lievito secco in polvere (o 1 cucchiaino di lievito madre secco)*
(*Il libro indica addirittura 1/4 di cucchiaino di lievito -circa 1 grammo- . Facendo alcune prove con il lievito secco che avevo in casa sono arrivata a queste quantità che trovo più adatte al mio gusto personale. Ma sperimentate e trovate la ratio che più vi soddisfa con il tipo di lievito a vostra disposizione.)




Se usate il malto, scioglietelo nell'acqua.
Radunate tutti gli ingredienti secchi in una ciotola e, mescolando con un mestolo, aggiungete l'acqua fino ad ottenere un impasto umido e appiccicoso.
Se come me avete un robot da cucina e cogliete ogni occasione per utilizzarlo (e non sporcarvi le mani), vi consiglio il gancio a foglia invece che quello per incordare.

Una volta pronto, coprite con della pellicola e lasciatelo in un luogo caldo (tipo il forno spento con la classica lucetta accesa) a prendersi cura di se stesso per almeno 12 ore, ma 16-18 sarebbe l'ideale.

Infarinate il piano di lavoro (possibilmente con della semola di grano duro o anche della farina di mais) e, aiutandovi con un tarocco, rovesciatevi l'impasto.
Togliendo la pellicola dovreste venire investiti dal profumo dolce e leggermente acido della lievitazione: state andando in un bellissimo posto!

A questo punto, nel libro, si procede a "rincalzare" la pasta prima di rimetterla a lievitare per altre 2 ore.
Questo è consigliabile soprattutto se decidete di fare una sola pagnotta, ma trovo che per realizzare dei filoncini, già solo sgonfiare l'impasto e tagliarlo per dividerlo, sia uno stress più che sufficiente per il nostro amico glutinoso.

Ma sentitevi liberi di seguire la strada che preferite: se volete procedere alle piegature, fatelo aiutandovi con il tarocco (l'impasto sarà ancora molto umido e appiccicoso), ripiegando l'impasto più volte con la classica piegatura a lettera per 3-4 volte, senza aggiungere troppa farina.

Fatto questo, infarinate due strofinacci di cotone puliti, senza disegni o, peggio ancora, a nido d'ape: lisci, robusti, ancor meglio se di lino.



Aiutandovi con il tarocco, fate scivolare l'impasto sullo strofinaccio, spolverate con altra farina e coprite bene, ma senza stringere.
Lasciate lievitare l'impasto così coperto per un'altra oretta -due se optate per la pagnotta- , lontano da correnti d'aria, protetto ulteriormente con della pellicola, o un sacchetto di plastica per alimenti aperto su tutti i lati (vi consiglio quest'ultimo, in modo da poterlo conservare e riutilizzare.).

Dopo una mezz'oretta di lievitazione -o un'oretta e mezza- iniziate ad accendere il forno a 250°, o alla temperatura più alta che riesce a raggiungere il vostro forno.
Mettete a scaldare in forno anche la teglia su cui contate di cuocere il pane.

Una volta in temperatura, tirate fuori la teglia rovente -occhio!- e infarinatela per bene con della semola o della farina di mais, dopodiché, aiutandovi con lo strofinaccio in cui sono avvolti, fatevi scivolare gli sfilatini lievitati -o la pagnotta-.

Infornate per una mezz'oretta, poi abbassate la temperatura a 200-190° e cuocete per altri 10-15 minuti o finché la crosta non sarà bella colorita e croccante.
La prova del nove è bussare sul fondo: se vi rimanda un suono cavo, è cotto a puntino.
Lasciate raffreddare completamente su una gratella prima di tagliare.
Sempre che riusciate a resistere.

Uno dei metodi di cottura consigliati nel libro è quello di far scaldare una pentola di ghisa invece di una teglia. In questo modo create un forno nel forno cosa che darebbe al pane una marcia in più.
Ho provato e sinceramente preferisco il metodo "nude", perché a mio parere rende la crosta più croccante ma, se volete cimentarvi, i tempi di cottura sono 30 minuti con coperchio e altri 15-20, scoperto.



In ogni caso non fatevi mancare abbondante companatico, un buon bicchiere di vino e dell'ottima compagnia.
La vita è troppo breve per il pane del supermercato.

giovedì 18 gennaio 2018

Vaniglia, vaniglia e ancora vaniglia // La bacca che visse tre volte



Chi mi legge da un po' sa che non amo la vanillina, anche se ammetto che usata con giudizio può avere il suo perché.

Purtroppo però, quel che non mi va giù, è che la vanillina altro non è che un'essenza chimica e, in qualunque modo la mettiate, nient'altro che un inganno per i nostri sensi.

So che la vaniglia ha un costo estremamente elevato, ma è qui che vi vengo in soccorso io.
Certo, non ho il magico potere di farvi spendere meno nell'acquisto della materia prima, ma posso mostrarvi come utilizzarla fino all'ultimo grammo.

Il primo step è usare i semini che si trovano all'interno di ogni baccello: sono sicura che avrete visto più di uno chef aprirne uno per la lunga e grattare via dei grumetti di pasta scura.

Questa parte è il top del top per i dolci, l'anima assoluta della vaniglia.

Usatela bene e godetene tanto.

Baccelli di vaniglia "esausta"

Quel che ci rimane a questo punto è il baccello "vuoto", che si può comunque utilizzare per infondere la panna o il latte per una crema, infilarla in un vaso di zucchero per aromatizzarlo, per realizzare un estratto alcolico, o qualsiasi altra preparazione che preveda un'infusione.

Ma ci stiamo solo scaldando.

Una volta utilizzati i baccelli come più preferite, non li buttate.
Se li avete usati per una crema, sciacquateli bene e lasciateli asciugare per qualche giorno.
Potete recuperarli di volta in volta dopo ogni preparazione, conservandoli -asciutti- in un vasetto dedicato.

Quando ne avrete una bella manciata, passare allo step successivo:

Estratto di vaniglia -in pasta-

  • 200gr di zucchero superfino
  • 200ml di acqua
  • 3 cucchiaini (circa 50gr) di glucosio (facoltativo ma consigliato*)
  • 10-15 baccelli di vaniglia "esausta"


In un piccolo, ma potente, frullatore (meglio ancora un macina caffè pulito o un macina spezie) frullate grossolanamente lo zucchero con i baccelli di vaniglia.

Non è importante che la vaniglia venga polverizzata in questa fase, ma con questo passaggio stiamo già iniziando ad estrarre aroma dai baccelli.

Trasferite lo zucchero alla vaniglia in un pentolino e aggiungete l'acqua e il glucosio (*questo ingrediente non è strettamente necessario, ma aiuta la consistenza finale e, a mio parere, anche la conservazione).

Accendete il fornello a fuoco medio alto e portate a bollore.
Raggiunta l'ebollizione, abbassate la fiamma e lasciate cuocere per una decina di minuti.

Trascorso questo tempo, filtrate il composto, in modo da recuperare la parte fibrosa della vaniglia.
Rimettete la fibra recuperata, ormai ammorbidita dalla cottura, nel frullatore e frullate fino ad ottenere una poltiglia grossolana.
Se necessario aggiungete un po' dello sciroppo filtrato per aiutarvi a frullare.

Rimettete sciroppo e fibra frullata nel pentolino e fate cuocere altri 10 minuti, mescolando di tanto in tanto.

A questo punto filtrate nuovamente attraverso un colino a maglie fini, premendo con un cucchiaio per estrarre fino all'ultima goccia di sciroppo.


Controllatene la consistenza, che dovrà avere un certo corpo (ma non eccessivamente: raffreddandosi e conservandolo in frigo tenderà ad addensarsi ulteriormente).
Se siete soddisfatti, travasatelo in vasetti o bottigliette sterilizzate, etichettate e conservate in frigorifero.

Se la consistenza vi dovesse sembrare troppo acquosa, cosa che può succedere se non utilizzate il glucosio, trasferite nuovamente lo sciroppo nel pentolino -pulito- e fate ridurre a fuoco medio basso per un'altra decina di minuti, ma fate attenzione a non esagerare se non volete ritrovarvi con un caramello invece di uno sciroppo.

E, ve lo devo dire: questo sciroppo-pasta di vaniglia è una bomba.
Seriamente, è quasi più intenso dei semi di vaniglia in purezza, cosa piuttosto sconvolgente se pensate che è realizzato con un prodotto che saremmo stati pronti a buttare.

Ma non è finita qui.
Pensavate, finalmente, di potervi sbarazzare della fibra avanzata da questa lavorazione?
Fermi dove siete!

Certo, è ormai piuttosto sfruttata, ma se provate ad annusarla e a guardare con attenzione tra le fibre ormai scolorite vi accorgerete che ha ancora un delicato e piacevole aroma e che qualche semino è ancora presente.
Quindi perché buttarla?

Fibra di vaniglia secca. Dall'aspetto un po' ambiguo, lo so...


Alcune industrie produttrici di gelato, utilizzano proprio questo tipo di scarto da aggiungere ai loro gusti "vaniglia" (aromatizzati artificialmente), per replicare l'effetto dei semini e dare l'illusione di essere fatti con vera vaniglia.
(Per la serie, "l'inganno dei sensi"...)

Quindi, ok, non è più il top del top, ma può ancora darci grandi soddisfazioni.

Trasferite le fibre di vaniglia su un vassoio -ancora meglio un cestino di fibre naturali, che favorisce il passaggio dell'aria- e lasciatele asciugare perfettamente.

Essendo impregnate di zucchero, ci metteranno qualche giorno, quindi se lo possedete e volete accorciare i tempi, vi consiglio di fare un passaggio in essiccatore per almeno una notte.
(In alternativa sfruttate il calore residuo del forno una volta spento, lasciando le fibre ad asciugare fino a raffreddamento.)

Una volta secche, frullate le fibre in un frullatore piccolo ma potente (come prima: l'ideale sono un macina spezie o un macina caffè pulito), fino ad ottenere una polvere.
Setacciatela e frullate nuovamente ciò che rimane nel colino, in modo da recuperare fino all'ultima fibra di vaniglia.


Questa polverina è estremamente delicata e leggermente dolce, mi piace chiamarla "vaniglia quotidiana" perché è quella che utilizzo anche tutti i giorni nei frullati, in qualche cappuccino aromatizzato e in tutte quelle preparazioni di casa dove desidero un accenno di vaniglia senza arrivare a sacrificare una bacca e, sicuramente, senza ricorrere alla vanillina.




mercoledì 13 dicembre 2017

Burro di mele // Salvando pomi


In autunno e inverno trovo che un vassoio pieno di melograni, arance, o altra frutta di stagione, rendano la casa accogliente e lo preferisco di gran lunga ad un mazzo di fiori coltivati in serra.
Il che è anche un vantaggio, soprattutto con gli agrumi, che finiscono man mano nelle mie spremute mattutine -spesso corrette con del succo di melograno: da provare!-, e vengono sostituite velocemente.

Ma le mele e le pere, che di solito spero di usare in qualche dolce o, utopisticamente, come salutare spuntino pomeridiano -ma che di solito è un tea-, finiscono spesso per appassire, intonse, diventando il monito tangibile della mia trascuratezza.

Ed ecco l'input per questa ricetta semplicissima che potrete declinare a vostro piacimento con le mele o le pere (ma in estate potete cimentarvi anche con pesche e albicocche) della vostra fruttiera, che magari hanno visto giorni migliori.


Per un vasetto di Burro di Mele:

  • almeno 1/2 kg di mele (adoro le Gala e le Renette, ma usate quel che avete, anche un mix di varietà)
  • un paio di cucchiaini di miele (facoltativo)
  • cannella o vaniglia o altri aromi a piacere (facoltativo)
  • il succo di 1/2 limone (di uno intero se volete che la vostra purea rimanga più asprigna) 
  • succo di mela limpido (non dolcificato!) o acqua q.b.


-Chiedo venia se come al solito vi do delle dosi un po' approssimative, ma essendo una ricetta di recupero, quel che è importante è il procedimento più che seguire gli ingredienti al grammo, dato che ognuno avrà in casa cose diverse, quantità diverse e inevitabilmente anche gusti diversi!-

Sbucciate e tagliate le mele a tocchetti, eliminando le eventuali imperfezioni della polpa. 

Trasferiteli in una pentola dal fondo spesso (ancora meglio se utilizzate una pentola di ghisa o di coccio, quella dove si fanno stufati e minestre, per intenderci) con il succo di limone, gli aromi e, se utilizzato, il miele. 

-Ho voluto mettere il miele come ingrediente facoltativo perché essendo le mele molto mature e avendo accompagnato la cottura con del succo di mela, il prodotto finale è risultato un po' troppo dolce per i miei gusti. Ma a voi la scelta.-

Cuocete a fuoco medio-basso, tenendo la pentola coperta. Controllate di tanto in tanto, e se il fondo iniziasse a colorirsi troppo, aggiungete poca acqua (non più di 2-3 cucchiai alla volta) o succo di mela. 


Proseguite la cottura fino a che le mele non si spappoleranno facilmente se schiacciate con il mestolo e il liquido di cottura sarà ridotto al minimo, risultando sciropposo.

A questo punto togliete dal fuoco e con un frullatore ad immersione (in alternativa trasferite tutto nella brocca di un frullatore o in un mixer, compreso il liquido di cottura rimasto) riducete le vostre mele in purea.

Rimettete sul fuoco, sempre medio-basso, e continuate la cottura finché anche il rimanente liquido di cottura non sarà evaporato.
Non posso darvi un tempo di cottura esatto, perché molto dipende dal tipo di mele che utilizzerete, dal loro grado di maturazione, da quanto liquido avete dovuto aggiungere durante la cottura.

Per essere sicuri che il vostro burro di mele è pronto, potete fare la "prova del piattino": versate mezzo cucchiaino di purea su un piattino e verificate se tende a separarsi, rilasciando del liquido. Se sì, dovete cuocere il burro di frutta ancora un po', se invece rimane bello compatto, uniforme e piuttosto lucido, fermatevi pure e travasate nel vostro -o vostri- vasetto sterilizzato. 

E questo è quanto. 

Come avete visto il procedimento è veramente molto semplice e lascia campo libero a molteplici rielaborazioni. Uno dei miei primi tentativi è questo burro di pere al vino speziato, che credo sia fin'ora il mio preferito: vino rosso e arancia (succo e scorza), cannella, chiodi di garofano e anice stellato. Da urlo.


Molto buono anche un burro di mele all'earl grey, con bergamotto e infuso di tea (potevo io esimermi?).
Ma non fermatevi qui: dove c'è aggiunta di liquido, c'è un'opportunità di aromatizzazione quasi infinita.
E non ho nemmeno tirato in ballo le spezie...

Se poi pensate: "Cosa me ne faccio di questa pappetta", vi rispondo chiedendovi di immaginare questo pane (o magari questo) sostituendo la base con un burro di questi dall'aroma dei vostri sogni, e avrete creato qualcosa di inedito e totalmente personalizzato. 
E delizioso, si intende.

Non sto nemmeno a dirvi che potete spalmarlo sul pane, accompagnarci dei pancake, mischiarlo a dello yogurt, aggiungerlo alla vostra colazione, regalarlo per Natale...

Tanto lo so che avete più fantasia di me!

lunedì 31 luglio 2017

Cosa mangia una Food blogger // Breakfast Edition

Ero indecisa se catalogare questo post -che per lunghezza si può paragonare solo allo Zanichelli- tra quelli di “Cosa mangia una food blogger -quando non guardate-” o sotto la categoria “La mia colazione perfetta”.
Facciamo entrambe?
O magari nessuna...

Anche perché ormai non posso proprio più dire che “non guardate”, dato che lo esibisco quasi quotidianamente.
E di “perfetto" nella vita, fidatevi, non c'è proprio nulla.

Ma ci provo, dato che, al di là delle frasi fatte, la colazione per me è davvero il pasto più importante della giornata.
Non so voi, ma se io non mangio bene a colazione, tutta la giornata va a rilento.

Quindi eccolo qui il motivo di questo post: darvi diverse opzioni pratiche, economiche, veloci e quanto più possibile sane -anche se detesto questa parola in relazione al cibo- per approntare il primo pasto della giornata e cominciare con grinta.

O, se non altro, con la pancia piena e di umore positivo.

Budino di riso integrale con crema di pistacchi, fichi, polline, caramello di datteri e fiore di Fuchsia (edibile)
*Budino di riso “perduto”:
Questa ricetta si collega direttamente al post “cosa mangia una food blogger #2”, perché per realizzarla ho utilizzato un avanzo di riso integrale (ma dovete provarlo anche con il riso Venere o quello Rosso: il loro sapore “cerealoso” si sposa a meraviglia con questa preparazione!) già cotto che avevo in frigo per i pranzi della settimana.
Mi ero un po' stufata di quel tipo di riso e avevo voglia di soba per pranzo, fatto sta che quest'ultima porzione si è trascinata nel mio frigo un paio di giorni in più del dovuto.

Così, una delle mattine meno afose, dopo un acquazzone notturno che aveva rinfrescato l'aria, ho pensato di farne un budino di riso veloce. 
Adoro il budino di riso...così cremoso e confortante.
E saziante!
Se vi svegliate con una fame da lupi, o la sera prima avete filtrato qualche bicchiere di troppo (...mai capitato....), questa è la colazione che fa per voi.

-un paio di cucchiai abbondanti di riso integrale (o Venere, o Rosso) già cotto
-latte q.b. (di qualsiasi tipo vogliate: a me tocca usare quello di soia)
-un cucchiaino di miele (o altro dolcificante a vostro gusto)
-vaniglia o altra spezia
-frutta fresca, burro di semi e altri “contorni” a vostro piacere per terminare il piatto
Nel bicchiere non c'è acqua sporca, ma acqua di cocco: provate quella che trovate al super vicino alle spremute d'arancia nel banco frigo. Reidrata ed è come un gatorade naturale, ma senza zucchero e coloranti. E in più sa di biscotti al cocco!
Mettete il riso in un pentolino con la vaniglia (o altro) e latte a sufficienza per coprirlo.
Cuocete a fuoco medio-basso finché il riso non avrà assorbito il liquido.
A questo punto controllate la consistenza: a me piace bello cremoso, quindi tendo ad aggiungere altro latte per farlo all'onda come un risotto, ma decidete voi.
Spegnete e aggiungete il miele, o il vostro dolcificante preferito, e trasferite nella ciotola che avrete deciso di usare quella mattina.

A questo punto scegliete il vostro topping, che per me solitamente è frutta fresca, burro di semi  e, una recente scoperta, caramello di datteri, del quale parleremo tra poco.

Ma non ci sono limiti alle possibilità. Potete anche aggiungere semplicemente una cucchiaiata della vostra marmellata preferita, dell'uvetta dorata e un filo di miele, o un paio di quadretti di cioccolato tritato che si scioglieranno in modo voluttuoso nella calda cremosità del riso...
Via libera alla fantasia insomma.


*Green Smoothie:
Uno dei miei preferiti. La ricetta di questo balsamo verde l'ho scoperta per caso quando per qualche tempo mi ero messa d'impegno a fare un po' di yoga in casa (dove sono finite queste buone abitudini!? ) e seguivo i video di questa tipa che a volte dava anche ricette di cucina. 
La maggior parte delle quali avevano come ingrediente principale gli spinaci (e veramente poco altro). 
Non esattamente entusiasmanti per una che anche quando sta a dieta non riesce a mangiare la stessa cosa due vostre di seguito...

Ma questo frullatone verde che lei, elfa eterea di un metro e ottanta per quarantacinque chili scarsi, si sgargarozzava con sommo piacere, mi aveva incuriosita.
Chissà mai che non mi faccia assomigliare, se non ad un'elfa eterea, per lo meno ad un folletto silvano, mi son detta...
Così ho provato. E non l'ho più lasciato.
Per quanto riguarda l'assomigliare ad un folletto...magari troverò un'altra ricetta.

-½ banana matura a tocchetti (anche congelata)
-una manciata abbondante di spinaci baby freschi
-un cucchiaino abbondante di burro di arachidi (home made o bio: non comprate schifezze idrogenate plz)
-latte (di soia, o il vostro preferito) q.b.
-3 cubetti di ghiaccio (se la banana è fresca)

Smoothie bowl (ciotola di frullato alla banana e cacao) con granola alla curcuma, composta di more al miele, polline, petali  e pistilli di fuchsia
Mettete tutto nel bicchiere del frullatore, con latte a sufficienza per cominciare a frullare.
Frullate finché il mix non comincia a risultare omogeneo.

Quindi controllate la consistenza: se volete usarlo come base per una smoothie bowl con della granola, mantenetelo più compatto (potete anche usare una banana intera), se invece volete berlo come un normale frullato, aggiungete altro latte con il motore in funzione fino a raggiungere la consistenza desiderata.
Servite come preferite, e sono sicura che vi stupirà: non sentirete la banana, nè gli spinaci, nè il burro di arachidi. È stranissimo, ma questi tre elementi insieme vanno a creare un sapore che è quasi vanigliato, ma più fresco ed erbaceo.
Provatelo, poi mi direte.

Mentre il frullatore lavora per me, di solito mi preparo una galletta o uno di quei cracker super integrali con i semi (adoVo!) con un burro di semi -ultimamente sono in fissa con quello di pistacchi- e della composta di frutta e miele, se mi è avanzata, o marmellata o caramello di datteri.
Ma a volte, quando mi sento particolarmente virtuosa -o accaldata- abbino questo frullato anche solo ad un paio di fichi o a mezza pesca, o qualsiasi altra frutta che ho sotto mano al momento.
E mi sono assicurata il pancino pieno fino a pranzo.


*Composta di frutta al miele 
(e altri trucchetti per mangiare più frutta):
Mangio veramente poca frutta, e mi rendo conto che è un peccato, data la varietà di cui disponiamo in Italia e ai benefici che potrei trarne, ma sto cercando di rimediare.
Non sono una persona particolarmente golosa, ma sono quella che si può definire una picky eater, una un po' spitinfia insomma, e cercando di convincere la bambina capricciosa che c'è in me a mangiare più frutta sono arrivata a sviluppare -più che delle vere ricette- un paio di metodi che mi assicurano di invogliarmi a farlo.
La più versatile è questa composta di mirtilli al miele.
L'ho ideata una mattina che volevo prepararmi una ciotola di frullato con granola e mirtilli, ma i mirtilli che avevo comprato al farmers market erano un pochino acerbi e aspri: il fruttivendolo mi aveva avvertita di lasciarli maturare un paio di giorni fuori dal frigo, ma capita che nella mia testa si rincorrano delle cavie peruviane e qualche informazione a volte mi sfugge...
Così ho pensato di cuocerli brevemente in un pentolino - i mirtilli, non le cavie peruviane- con un po' di miele di acacia, e bam.
Composta istantanea.


Deliziosa praticamente su tutto: provatela calda su una pesca fredda di frigo tagliata a spicchi. Spettacolare. E se non fosse disdicevole vi suggerirei di farci scivolare sopra una pallina di gelato... 

Potete decidere voi quanto miele aggiungere -il mio standard è un cucchiaino per una manciata di mirtilli- e che consistenza dargli: più la cuocete più i frutti si spappoleranno e il risultato finale risulterà compatto e “marmellatoso”.
Si può fare con tutti i frutti rossi o la frutta a nocciolo di questa stagione alla quale, se molto matura e dolce, dovrete aggiungere del succo di limone che aiuterà il sapore e la consistenza finale.

L'altro trucchetto che volevo condividere è stata una scoperta casuale, fatta per far fuori dei frutti delle passione che mi erano rimasti in giro dopo una commissione: un paio di fichi a tocchetti, irrorati con uno sciroppo realizzato mescolando il succo di due frutti della passione -ottenuto passando a setaccio i semi che si trovano all'interno- con un cucchiaino scarso di miele.
Da. Urlo.
 Provatelo. Non so cosa metta in sinergia questi due elementi, ma le mie papille hanno cantato lo yodel per tutto il tempo la prima volta che ho assaggiato questo abbinamento.

L'importante è che i fichi siano belli maturi e dolci e che i frutti della passione siano raggrinziti al punto giusto: solitamente quando si acquistano sono lisci e violetti, ma sono maturi quando cominciano a raggrinzire e a diventare piuttosto scuri. 
Allora sarete sicuri che i succhi interni che avvolgono i semi sono dolci -seppur sempre aciduli- e non più allappanti e aspri.

Fatemi sapere se provate questo strano abbinamento, sono curiosa di sapere cosa ne pensate.


*Pancakes al grano saraceno:
La ricetta più laboriosa di tutto il cucuzzaro proposto finora.
Ma ci sono qui io a semplificarvi la vita: vi ho preparato le dosi per realizzare un mix da tenere in un bel vasone, pronto per assecondare in pochi minuti la vostra voglia impellente di pancakes!

Avevo in casa mezzo sacchetto di farina di grano saraceno che avevo utilizzato per una torta ed era lì che mi guardava con tristezza dallo scaffale, tragicamente conscio della fine che gli sarebbe toccata se non mi fosse venuta questa idea.

In realtà inizialmente ne avevo ideato una versione solo con grano saraceno (gluten free), perchè volevo abbinarla ad una salsa dove il protagonista sarebbe stato un avanzo -la mia cucina quotidiana si basa quasi del tutto sul principio del riciclo...- di burro di nocciole: grano saraceno e nocciole sembrano fatti l'uno per l'altro.

Peccato che il grano saraceno da solo, non avendo glutine ed essendo una farina rustica e ricca di fibre, avesse reso questo mio primo tentativo parecchio asciutto e stoppaccioso.

Ma sbagliando si impara.

Quindi pensandoci un po' su e leggiucchiando un po' in giro, sono riuscita a tirare insieme questa ricetta che ora mi accompagna felicemente in quelle mattine che necessitano di qualche amorevole attenzione in più -tipo il lunedì-, ma anche nei week end, quando magari non ho troppa voglia di trafficare in cucina se mi sono alzata tardi, ma non voglio rinunciare alla coccola indulgente che il fine settimana richiede.


Ma veniamo a noi:
-280gr circa di farina integrale (o una farina gf per panificazione se volete mantenere il mix completamente senza glutine)
-320gr di farina di grano saraceno (potete usare altre farine rustiche come farro, segale o avena)
-65 grammi di zucchero di cocco (ora si trova facilmente al super, ma va benissimo dello zucchero di canna grezzo, o quello che preferite)
-1 cucchiaio (circa ½ bustina) di lievito per dolci (gf se volete seguire quest'onda)
-1 cucchiaino scarso di bicarbonato
-½ cucchiaino di sale
-un cucchiaino di vaniglia in polvere (o altre spezie: se volete aggiungere scorze d'agrumi o simili, fatelo al momento della preparazione, non nel mix da conservare)

Il mio consiglio è di setacciare tutto in una grande ciotola, in modo da distribuire bene le polveri lievitanti, evitando così di ritrovarvi con qualche grumetto di bicarbonato in bocca, e di trasferire tutto in un grosso vaso con la bocca larga (così ci potrete infilare tazza e mano per recuperare velocemente la quantità di mix che vi serve) che agiterete come forsennati in modo da miscelare bene tutte le polveri.

E lui sta lì, beato, anche per diversi mesi -ma tenete d'occhio le scadenze delle farine-, sempre pronto a darvi conforto.

Per realizzare una decina di pancakes medi (o 6-7 grandi: non temete gli avanzi, celebrateli. Per riscaldarli usate una vaporiera, anche di quelle cinesi di bambù. Ci metterete 5 minuti e torneranno soffici come appena fatti!), prelevate una tazza (media: non una mug, non da caffè) di preparato, unitevi la stessa quantità di latte -veg o meno- e un uovo.
Mescolate bene con una frusta: dovrete ottenere una consistenza simile allo yogurt.

Nella ciotolina a foglia c'è un mix croccante composto da avanzi di diverse lavorazioni: scagliette di cioccolato, pezzetti di noci pecan, polvere di pistacchi e del cocco essiccato e tostato. Personalizzate il vostro mix con quel che avete in casa!
A questo punto ungete leggermente una padella antiaderente con olio di cocco, olio vegetale o anche burro se preferite, e scaldatela a fiamma media.
Una volta calda, distribuite piccole mestolate di impasto per formare i pancakes.
Quando i bordi diventano opachi e le bollicine che si formano sulla superficie iniziano a scoppiare, è il momento di girarli. Un paio di minuti di cottura anche da questo lato e sono pronti per finire nel piatto, irrorati di composta di mirtilli al miele -per un effetto altoatesino immediato- oppure con questa decadente ma -illudetevi pure- sana salsa al cioccolato.

*Salsa al cioccolato:
(per Pancake al grano saraceno o tutto lo scibile umano, persone comprese...):
-2 cucchiai di burro di cocco ben mescolato (nel paragrafo successivo vi spiego cos'è)
-1 cucchiaio di burro di nocciole (o altri semi)
-2 cucchiaini di zucchero di cocco (o altro dolcificante, ma eviterei il miele e gli sciroppi)
-1 cucchiaino (o più a vostro gusto) di cacao amaro
-2-3 quadretti di cioccolato fondente 65% minimo (tritato)
-un pizzico di sale

Mettete tutti gli ingredienti, tranne il cioccolato, in un pentolino dal fondo spesso e scaldate il tempo necessario ad amalgamare gli ingredienti e rendere bello fluido il burro di cocco.
Togliete dal fuoco e aggiungete il cioccolato tritato ed il sale.
Mescolate bene e servite con quel che preferite.

*Burro di cocco:
Da non confondere con l'olio di cocco, è la versione "coccosa" -l'inferno degli stupratori della lingua italiana mi attende- dei burri di semi oleosi. Acquistato per curiosità ma indecisa su come utilizzarlo, stazionava nella mia dispensa senza un vero scopo, se non quello di accusarmi silenziosamente di negligenza ogni volta che aprivo l'antina.
Aggiungere un po' di frutta è sempre un'ottima idea...

Ma in mio aiuto è arrivata, come spesso capita, la mia cara Nigella, che in uno dei suoi ultimi libri, dove -incredibile- strizza l'occhio alla cucina vegana, lo usa come base per una glassa al cioccolato da strappamento di capelli.
Ed è qui che è nata la mia salsa al cioccolato.
Prego, non c'è di che.

*Burro di semi:
Ve ne ho già ampiamente parlato in questo post, ma come vedete sono davvero un tassello essenziale per le mie colazioni e, ad essere onesta, un po' di tutta la mia cucina.
La nuova passione è quello di pistacchi, che ho provato anche a fare in casa, ma che -una volta tanto- vi consiglio di acquistare -scegliete prodotti e produttori italiani-.

Un avsetta da 180gr costa circa 6€ e in questo caso conviene più che comprare la materia prima e farlo in casa: due confezioni da 100gr di pistacchi sgusciati costano circa 4€ l'una. Se volete potete imbarcarvi nell'opera di comprarli interi e sgusciarli voi, così quel -POCO- che risparmierete lo spenderete in tempo e manicure.
A voi la scelta.

*Caramello di datteri:
Avevo in casa 7 datteri Medjoul che avevo comprato sotto Natale, spinta dallo spirito del momento, e prontamente dimenticati in un recesso del frigo da allora.

In uno dei raptus di riordino che spesso mi prendono li ho recuperati e, sebbene fossero ancora in ottimo stato, era chiaro che avessero visto giorni migliori...e che non c'era nessuna possibilità che mi sarebbe venuta voglia di mangiarmeli così com'erano.

Quindi ho pensato di farne un caramello, cosa che avevo intravisto su un blog veg -Minimalist Baker-, dove veniva utilizzato come base per un gelato al cioccolato -YUM-.
Dall'alto: burro di anacardi home made, crema di pistacchi , caramello di datteri, polline, crema di cocco. (Il burro di anacardi appare più compatto perchè refrigerato)

La mia versione, riveduta e corretta per le mie necessità:
-6-7 datteri Medjoul (o un paio in più se usate quelli più comuni)
-250 ml di acqua + 125ml
-1/2 bacca di vaniglia usata in preparazioni precedenti (facoltativa)
-un pizzico di sale

Eliminate i semi dai datteri e trasferite la polpa in un pentolino con la vaniglia e i 250 ml di acqua.
Portate a bollore e cuocete finché i datteri non si saranno spappolati e non avranno assorbito buona parte dell'acqua.
Eliminate la vaniglia se usata -ma tenetela da parte- e riducete il composto in purea con l'aiuto di frullatore ad immersione (o un normale frullatore).

Passate al setaccio per eliminare la buccia e i filamenti più consistenti. -Se vi piace la consistenza un po' granulosa e vi beate all'idea di assumere qualche fibra in più, potete saltare questo passaggio.-
Rimettete sul fuoco con i restanti 125ml di acqua e la vaniglia tenuta da parte e cuocete fino ad ottenere la consistenza desiderata. Incorporate il sale e mescolate.

Trasferite ancora bollente in un vasetto sterilizzato e conservate in frigorifero per poche settimane.
Si può utilizzare come dolcificante, come crema spalmabile o come base per delle creme veloci, senza dover aggiungere zuccheri.
Delizioso e geniale.

LET'S HAVE BREAKFAST!

*Polline e fiori edibili:
Il pizzico di polvere di fata di cui a volte abbiamo bisogno.
Nonostante il polline abbia mille proprietà ricostituenti che lo rendono a tutti gli effetti un super-alimento -altro termine che aborro, ma tant'è-, non è strettamente necessario per tirare insieme una colazione degna di questo nome, così come i fiori edibili.

Ma è bello incominciare la giornata con qualcosa di buono che appaghi un po' anche lo spirito, no?
Quindi vedete voi se la cosa è nelle vostre corde.

Basta. Non ci crederete, ma il post è finito.
Scegliete la vostra colazione e andate a pianificare la vostra sana routine, non è difficile.

Se ci riesco io...


sabato 1 luglio 2017

Fragole e rabarbaro//Tutti hanno bisogno di una spalla

Possibilmente acida.

Avete presente quell'amica a cui tutti danno della str*nza e lei in risposta alza un soppracciglio, si scosta una ciocca di capelli ostentando noncuranza e sorride compiaciuta, come a ringraziare per un complimento?

Quella che chiamate in lacrime quando il vostro lui si è comportato da vera m*rda e dall'altro capo vi dice:"Dì una sola parola e lo uccido io per te".

La adoriamo, non è vero?

Tutte abbiamo bisogno di un'amica così.
O ancora meglio, vorremmo essere noi quell'amica.

E in fondo, pensandoci bene, lo siamo un pochino le une per le altre, o almeno ci proviamo.
Cerchiamo di essere quella con le palle per l'amica ferita che ha bisogno di sentirsi protetta o lo sprone comprensivo ma deciso per quella che ha bisogno di una scrollata all'autostima per fare la cosa di cui ha tanta paura.


Perchè siamo state, siamo e saremo tutte come le dolci, tenere fragole.
Volenterose, mature, ma delicate e facilmente corruttibili.

E prima o poi abbiamo tutte bisogno di un alleato deciso e strutturato, un po' come il rabarbaro.
Acido, leggermente fibroso e croccante, con un sottile aroma agrumato.
Se consumato crudo (in particolare le foglie) decisamente tossico...
Perfetto per contrastare l'innocente cedevolezza delle fragole.

Questa scoperta rencentissima l'ho fatta senza l'intenzione di farci un post, all'inizio.
Nell'orto avevo questo povero rabarbaro strimizito (che ho da anni ma che non mi sono mai davvero preoccupata di coltivare nel modo corretto: mea culpa, rimedierò!), quattro fragole un po' tristanzuole che non avevo mangiato a colazione e mi sono detta...why not?

Nei mesi scorsi -e tutt'ora in realtà- sui social, sono stata sommersa da ricette dolci (e non) a base di questi due ingredienti. Tipicamente inglesi, ma ho scoperto che anche i giapponesi ne vanno matti...
-Cosa gli farà mai l'aspro ai giapponesi...?-
Ma detto ciò, veniamo al dunque, prima che vi venga voglia di chiamare la vostra amica "acida" per farmi dire due paroline dolci... 


Per un vasetto abbondante di composta:
  • 200gr di rabarbaro tagliato a tocchetti (l'ho visto un paio di volte anche al super, le coste già pulite, più rosse e grandi delle mie)
  • 200gr di fragole
  • 200gr di zucchero
  • 100ml di succo d'arancia
  • 1 cucchiaino di amido di mais 
  • 1/2 bacca di vaniglia (facoltativa)
Allora, questo è il mio primo tentativo, quindi potrebbe non essere stato l'approccio più brillante da parte mia, visto che il rabarbaro è rimasto più consistente di quanto mi aspettassi...
(Se mi viene un blocco renale passate a trovarmi in ospedale, che correggiamo la ricetta: il rabarbaro è ricco di acido ossalico, quindi se consumato spesso e in grandi quantità può dare problemi ai reni e innescare altre cosettine poco simpatiche. Ma anche se vi mangiate un kg di funghi tutti i giorni vi casca il fegato. Quindi tranquilli!).

Personalmente l'ho trovato gradevole anche così, e trovo faccia da contrappunto alle fragole, che invece in cottura si fondono quasi del tutto.


Ma di nuovo, veniamo a noi.

Tagliate il rabarbaro e le fragole e tocchetti più o meno delle stesse dimensioni (ripensandoci a posteriori taglierei il rabarbaro a tocchetti e lascerei le fragole intere, se piccine, o al massimo a metà) e mettete tutto a marinare con il succo d'arancia e la bacca di vaniglia, se usata.

Mettete lo zucchero in una padella dal fondo pesante (possibilmente non antiaderente: il caramello raggiunge temperature tali da rovinare anche padelle di una certa qualità, true story folks) con due cucchiai d'acqua.
Portate a caramellatura chiara (massimo color rame) e a questo punto buttateci le fragole e il rabarbaro, compreso il succo d'arancia.
Fate cuocere per una decina di minuti.

Nel frattempo sciogliete l'amido di mais in un cucchiaio d'acqua.
Quando il rabarbaro risulterà piuttosto tenero, versate l'amido sciolto nell'acqua nella padella e mescolate finchè lo sciroppo di cottura non si addensa.

Invasate e utilizzate su del gelato alla crema o fior di latte, su del pane tostato spalmato di ricotta fresca, come ripieno per una crostata, base per un crumble....
Avete capito no?
E magari invitate la vostra amica ad assaggiare, scommetto che apprezzerà.